Ci troviamo alla fine degli anni '70. Le orecchie degli italiani sono continuamente assillate dai futuristici ed affascinanti brani di un gruppo di "alieni" francesi, i Rockets, che con le loro canzoni "spaziali" riescono ad ottenere nella nostra penisola addirittura una gloria maggiore che nella loro nazione d'origine. Il loro fascino era dovuto soprattutto ai loro costumi e al loro trucco, che li facevano sembrare appunto degli alieni giunti sulla Terra dallo spazio profondo. Ciò ha portato una fetta di ascoltatori a pensare che i loro lavori siano stati, in fondo, "tutto fumo e niente arrosto", e che gran parte del loro successo sia stato dovuto alla loro eccentrica presentazione estetica. In realtà, oggigiorno, i Rockets sono un gruppo da rivalutare e, nonostante non abbiano sfornato veri e propri capolavori, vanno comunque visti come bravi musicisti e discreti autori.
L'apice del loro successo coincide con "Galaxy", un disco che tuttavia si regge più sulla forma che sulla sostanza: dietro tonnellate di effetti sonori e di vocoder, la qualità delle canzoni era alla fine molto modesta rispetto, per esempio, ai brani dell'ottimo "On The Road Again".
L'album successivo a "Galaxy", ossia "π 3,14", del 1981, nonostante presenti il consueto "stile Rockets", con testi fantascientifici ed effetti sonori "galattici", rappresenta tuttavia un'inversione di marcia per quanto riguarda gli arrangiamenti e alcuni aspetti delle sonorità dei brani. Anche qui il vocoder è presente in molti brani, e i ronzii e i "bip" spaziali non mancano; ciononostante, in questo album si tende ad abbandonare il sound "pop/disco" del lavoro precedente, a favore di un rock elettronico e di un synth-pop un po' più scarni. I brani stavolta sono meno "patinati" e talvolta più ruvidi rispetto al passato.
Nonostante queste premesse che presentano un album sostanzioso e meno frivolo, "π 3,14" alla fine si rivela essere semplicemente un disco gradevole e discreto; niente di più, niente di meno. Le melodie orecchiabili non mancano, tuttavia alcune canzoni sono alquanto "pigre" e, anche se sono abbastanza accattivanti ad un primo ascolto, difficilmente lasciano il segno: è il caso di "Radiate", "Ziga Ziga 999" e soprattutto "King Of The Universe", un brano piatto, "senza infamia e senza lode", che rappresenta un finale davvero poco azzeccato per il disco. Le cose sembrano procedere meglio con i brani più movimentati come "Imagine E.S.P.", "Video-Addict", "Hypnotic Reality" e "Ideomatic", le canzoni più curate e gradevoli, che però non rappresentano comunque nulla di speciale. Il vero pezzo forte dell'intero album è l'ottima "Astro Storm", che ci riporta ai fasti di "On The Road Again". Tuttavia quest'unico brano non può risollevare da solo le sorti di un disco che, nonostante le buone idee e le buone capacità dei musicisti, non costituisce nulla di troppo memorabile.
Con "π 3,14" inizia la decadenza del "fenomeno Rockets" che troverà il suo vero epilogo con l'abbandono di Christian LeBartz e dei travestimenti spaziali.
Sia chiaro, "π 3,14" è un album modesto che sa regalare un leggero rock elettronico, melodie molto orecchiabili e anche un paio di momenti più sorprendenti. E' un disco che merita sicuramente un ascolto, ma che risulta inferiore a dischi come "On The Road Again" e "Plasteroid", e che difficilmente risulterà "indimenticabile" per l'ascoltatore.
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