"È una notte stellata. Troppo bella per dormire. Troppo... anche per morire" [cit.*] Chi ha giocato a "Red Dead Revolver" avrà memoria di uno sparatutto divertente e funambolico, uno spaghetti western da cannibalizzare con l'adrenalina a mille. Ecco, "Red Dead Redemtpion" è tutt'altra roba, anche se il titolo suggerisce una qualche comunione. Non ne è il sequel, poichè gli eventi si svolgono diversi decenni dopo "Revolver": alle avventure del fu Jack Swift non c'è che un breve omaggio alla fine del gioco, un velato riferimento che non si coglie nemmeno facilmente. Con "Red Dead Redemption" la Rockstar Games (la stessa casa di GTA) compie un lavoro mostruoso sotto tutti gli aspetti: avventura, ambientazione, longevità, gameplay. John Marston è un ex fuoriliegge, assassino, ladro che, tradito dalla propria banda, coopera - più per necessità che per volontà - con il governo americano alla cattura dei malviventi che un tempo erano suoi amici. DEVE farlo, se vuole completare l'unica missione che davvero gli interessa. Tornare dalla famiglia che nel frattempo si è costruita: riabbracciare la disillusa moglie Abigail, aiutarla a far crescere il piccolo ranch che si è potuto permettere; insegnare al figlioletto Jack a cacciare, anche se lui preferisce leggere. Le varie avventure, dispiegate in una trentina di missioni principali, lo portano dalle strade polverose e desertiche americane ai suggestivi paesaggi lunari del Messico, attraverso la pericolosa frontera segnata dal fiume Rio Bravo, fino ad arrivare alle sterminate pianure del West Elizabeth, segnate a est dall'Oceano e a ovest da montagne innevate e invalicabili. La ricerca di John è più quella di una vendetta personale che di una vera e propria "redenzione": il titolo più adatto sarebbe forse stato "Red dead damnation". Perchè non c'è redenzione, né per John né per tutti i personaggi - gli 'sconosciuti' - che incontra e aiuta nel corso delle tante missioni secondarie semplicemente girovagando per il deserto. Sono avventure destinate a finire male, nella triste e amara realtà di un mondo e un'epoca durissimi. La caratterizzazione dei personaggi è quasi intimamente dettagliata: dal disperato John, mai troppo amichevole e francamente senza aspettative verso il genere umano ma con un barlume di speranza verso il futuro, alla tostissima Bonnie McFarlane, donna cresciuta tra gli uomini, che conduce un ranch; al patetico ma divertente truffatore Nigel West Dickens al subdolo agente federale Edgar Ross, ai desperados mexicani, alla pasionaria Luisa Fortuna, un nome che una volta tanto non tradisce il destino. E poi Jack Marston... Beh, Jack Marston impareremo a conoscerlo col tempo... Un microcosmo di personaggi riusciti perfettamente, alcuni che conosciamo tramite le missioni, altri semplicemente girovagando. Girovagare, già. Perché questo è un gioco free-roaming, e ben presto ci si scopre ad apprezzare quasi più questo lato che non il percorso ludico naturale, quello che guida a seguire la trama. Questo accade per il semplice motivo che la resa ambientale è di un realismo impressionante, di una accuratezza difficilmente spiegabile a parole. E' facile giocare per il solo piacere di fermarsi a osservare un'alba sul Nekoti Rock, con le montagne che prendono man mano luce e l'oceano che brilla sullo sfondo. O seguire il tramonto sulle rosse "mesas" del Diez Coronas (una sorta di Monument Valley). O ancora cavalcare selvaggiamente sotto il cielo stellato.
La flora e la fauna sono parte integrante della perfezione: si può cacciare di tutto, dagli armadilli alle puzzole ai daini agli avvoltoi, si può essere 'cacciati' da cinghiali, coyote, linci e orsi. Se ne possono raccogliere le pelli e rivenderle, facendo diversi soldi per poi comprare armi, mappe e case. Si possono spendere i propri soldi, sperando di vincerne altri, nei numerosi minigiochi disponibili nei saloon delle città (blackjack, Cinque dita, ferri di cavallo e, ovviamente, poker).Si possono fare ronde notturne e addestrare i cavalli. Per fare soldi si può diventare cacciatori di tesori ma anche cacciatori di taglie, facendo attenzione alle inevitabili "attenzioni" che a nostra volta riceveremo, incrementando o abbattendo il nostro onore e la nostra fama, che ovviamente dipendono dal nostro comportamento. Ci sono infinite sfide ambientali, si possono collezionare diversi vestiti come trofei. Ciò rende la longevità del gioco infinita o quasi. Ci vuole pochissimo per entrare nei panni di John Marston. Ci vuole molto di più per disfarsene, e più ancora per digerire l'epilogo della storia, che non è propriamente un epilogo. Anzi, è un'ulteriore sorpresa di questo gioco di cui, francamente, non si riesce a trovare la minima pecca e, soprattutto, non ci si riesce mai a stancare. *Il mio amico Darkeve aveva scritto benissimo

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