Atteso - non lo nascondo - con una certa trepidazione perchè sulla carta doveva essere l'album gemello dell'apprezzato "Junior", questo "Senior" ammetto che mi sta deludendo. Aldilà del fatto che digerisco i dischi nel tempo e li valuto col senno di poi, è fuori dubbio che l'impatto subitaneo di questo nuovo lavoro dei Royksopp non è stato nè emozionante nè tantomeno folgorante. Come invece fu per i precedenti "The Understanding" e "Junior" per l'appunto.

Votati ad essere i portabandiera di un'evoluzione del synthpop che di fatto non c'è, i due biondi scandinavi hanno optato per un recupero di sonorità molto vintage e di patterns ritmici che seda un lato potevano offrire spunti di consacrazione per il genere più rappresentativo degli anni '80, dall'altra lo hanno affossato limitandosi a ricalcare moduli ormai archiviati. L'operazione era riuscita per certi versi con "Junior", che rileggeva in modo deciso la storia del pop elettronico partendo da Moroder, passando per i vari Yazoo e Depeche Mode, arrivando poi all'attuale downtempo digitalizzato che ha fatto la fortuna di molte band. Ma laddove "Junior" divertiva e appassionava con una serie di contaminazioni liriche di mirabile fattura (ricordiamo "The girl and the robot", "Vision One", "True to life"), oggi "Senior" si limita ad infilare una serie di monotone e ripetitive - nonchè lunghe - escursioni strumentali a base di sequencer, rumore bianco e drum-machine più vicine all'organo Bontempi che alle Roland 808.

Si è persa per strada la ricchezza degli arrangiamenti, così come si sono perse per strada le voci femminile che impreziosivano certe belle canzoni. Si è persa la volontà di sperimentare, seppure in chiave dietrologica, e semmai si è sposata in modo distonico la volontà di accontentare i patiti del dancefloor sbombardandoli di bassi analogici scoppiettanti ed esili melodie di quattro note, lasciando ai fans dell'ironico Royksopp-Style soltanto il collage malinconico di "Senior Living" e l'imbarazzante ballad "Forsaken Cowboy", che strimpella una chitarra western in salsa sintetica.

Inutile il legame concettuale con "Junior" cercato nel titolo stesso dell'album e nella inutile reprise di "Tricky Two". I Royksopp sembrano aver scelto di vivere di rendita senza riuscirci, incapaci di sfruttare la tecnologia per creare sonorità interessanti e utilizzarle per comporre canzoni almeno orecchiabili. Certo non è facile dire qualcosa di nuovo quando si sale sul carrozzone del crossover da salotto: a cominciare dai più celebrati Air si è presto capito che il mix di elettronica, lounge, minimalismo e dance che tanto è piaciuto nell'ultimo decennio non avrà futuro se agli ammiccamenti di forma non si sposano solidi contenuti.

Peccato, però. Sui Royksopp ci puntavo volentieri. Per ora "Senior" segna una battuta d'arresto.

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