Roger Taylor ha imparato la lezione. Venti anni di militanza in uno dei più grandi gruppi del rock gli hanno di fatto insegnato come si produce un buon disco. D'altronde allo stesso Taylor piace riferirsi alla sua band come ad una grande madre, che lo ha visto crescere negli anni da semplice batterista ad autore e interprete di ottime canzoni. Ed Electric Fire è l'album che non ti aspetti da un batterista nato, anche perché non ci sono tracce di furore ritmico e tutto è opportunamente amalgamato, ben suonato e mai fuori dalle righe.
In questo disco emerge quel sapiente lavoro di abbellimento di una canzone, che per i Queen è stata un'arte indiscussa. Bisogna ricordare infatti che Taylor è stato negli anni '80 all'altezza dei più quotati May e Mercury nella stesura di canzoni, essendo l'autore di splendide hit come Radio Ga Ga, Breaktrhu e Heaven For Everyone. Dunque era lecito aspettarsi che questa facoltà fosse profusa anche nell'attività solista.
Al contrario di Brian May, Taylor, non ha deluso le aspettative: in Electric Fire ci sono brani in cui si intravede a chiare linee l'ombra della regina e che quindi, molto probabilmente, sarebbero stati presi in considerazione in un ipotetico disco della band. Ad aiutare il nostro, ci sono indubbiamente la voce calda e graffiante, che con il tempo ha imparato a gestire sempre meglio e la capacità di suonare praticamente qualsiasi strumento tradizionale del rock. Su questa linea colpisce positivamente l'equilibrio con cui l'autore demanda i singoli strumenti a se stesso e ai bravi musicisti che lo accompagnano.
Certo non è tutto oro quello che luccica, ci sono brani meno riusciti che abbassano la media di apprezzabilità del disco, tuttavia non si può non sobbalzare dalla sedia ascoltando pezzi come Tonight e Where Are You Now?. La prima una dolce ballata alla chitarra acustica, la seconda un sincero omaggio a Freddie Mercury, con un solo di pianoforte davvero sorprendente. Due brani questi, cantati anche magnificamente, ma che lasciano l'amaro in bocca per ciò che sarebbe potuto essere e che non è stato. Sensazione analoga all'ascolto della magniloquente The Whisperers che richiama le atmosfere di Innuendo, seppur con un inciso piuttosto debole. Belli anche i due pezzi più rockeggianti, No More Fun e Nation Of Haircuts, dove Taylor si diverte a costruire riff degni del "chitarrista", suo compagno di avventura.
Meno bene l'aspetto dei testi, finchè l'autore rincorre le argomentazioni ironiche e critiche verso se stesso e la società si viaggia su livelli accettabili, si marca invece il patetico quando i temi si fanno più sentimentali e intimisti.
Bene. Ciò che resta dei Queen è in studio con Paul Rodgers, per incidere il nuovo disco. E' presente ovviamente anche Roger Taylor: per i fan della regina, ma direi per tutti, c'è questo disco da scoprire ed ascoltare, che è fra le poche cose decenti uscite dalle mani dei componenti della band dal nefasto novembre ‘91. Un motivo di consolazione, ma anche di speranza per la musica che sarà. . .
Carico i commenti... con calma