1981, Roger Taylor abbandona per un breve lasso di tempo il pianeta terra per definire il suo space-rock'n'roll.
Basta Queen per un 33 giri, tra i pasticciati "The Game" e "Flash Gordon" Roger decide di mettere mano al gruppo di canzoni che ha scritto nell'ultimo periodo per realizzare il suo primo lp solista. Tutti brani che la sua band non avrebbe mai potuto incidere, canzoni che hanno nel rock'n'roll l'ossatura di base ma rivisitata con suoni elettronici che conferiscono loro una veste space rock coraggiosa e soprattutto curiosa. Taylor suona tutto da solo e abbonda con i sintetizzatori, le voci filtrate e le atmosfere dilatate e eteree come nella chiusura con la title track, il cui ascolto, chiudendo gli occhi, evoca la sensazione di perdersi nell'infinito spazio dell'universo. Questo "Fun In Space" è il primo passo della carriera solista del batterista che negli anni seguenti si svilupperà in molti altri lavori, ma questo esordio è veramente una piacevole sorpresa perché di suono "alla Queen" non vi è traccia. Vengono sondati moti stili, con "Future Management" si un esempio di reggae bianco stile Police, con "Laugh And Cry" la sontuosa ballata mentre con "Let's Get Crazy" Roger si cimenta con un rock dal profumo di Elvis molto tirato. L'ascolto è sempre piacevole, perchè "Fun In Space" è molto vario, ha nella voglia di fare dell'autore una marcia in più che trasforma l'ascolto di una opera prima in un'esperienza interessante, come esempio basta prendere "In My Country I&II"; aperta dal sintetizzatore che lascia poi il posto ad un motivo di chitarra elettrica molto easy e stuzzicante che a sua volta introduce una ritmica ipnotica di batteria.
Alla fine è un disco che mi sento di consigliare, vale molto di più dei vari capitoli dei Queen primi anni '80 e porta alla luce l'eclettismo di Roger Taylor fino ad allora parzialmente sommerso nei dischi incisi con gli altri tre.
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