I batteristi, ovvero la proverbiale ultima ruota del carro rock: di solito è già tanto se sanno fare bene il loro lavoro dietro grancasse e rullanti, figuriamoci scrivere canzoni e se fossero dei bravi cantanti, beh, non sarebbero lì… giusto? Fino a un certo punto, perché alcune eccezioni ci sono, e no, non stiamo parlando di Ringo Starr bensì di Roger Taylor, artista poliedrico a cui i panni di drummer di una delle più famose band del mondo in fin dei conti sono sempre andati un po’ stretti.

E’ stato infatti il primo del regale quartetto a intraprendere una carriera autonoma, carriera molto più prolifica oltretutto di quella dei compagni d’avventura. La terza prova da solista del batterista dei Queen arriva a 10 anni di distanza dalla precedente, anni durante i quali Taylor ha però pubblicato altri tre album con la band parallela The Cross. Un'attività solistica intensa si diceva, seppure con discontinui risultati qualitativi, dovuti però anche al fatto che Taylor riservava i migliori pezzi ai Queen. Dopo la morte di Mercury la band si ritrova ad essere forzosamente inattiva e di conseguenza il batterista-cantante-autore, chiusa anche la parentesi Cross, convoglia le proprie energie creative in un nuovo album a proprio nome.

Cominciamo subito col dire che "Happiness?" è un ottimo disco, rock d’autore ben suonato e generalmente ben scritto, che ricorda sufficientemente i Queen ma che se ne sa anche discostare dimostrando che Taylor è un autore di personalità, oltre che un ottimo vocalist. I brani alternano infatti pezzi spiccatamente Queeniani come “Touch The Sky” o “Foreign Sand” ad altri francamente impensabili per la band di Freddie Mercury, come quello che apre il disco, “Nazis 1994” dove Taylor attacca frontalmente i movimenti neonazisti: qui infatti sono presenti dei temi politici e sociali che fanno di quest’album un prodotto molto più “cantautorale” di quelli del gruppo d’origine. Un altro pezzo, “Dear Mr Murdoch” infatti è dedicato (e non certo amichevolmente) al magnate delle telecomunicazioni, con un testo caustico e amaramente ironico. Non mancano comunque le tematiche più intimiste, come nella toccante “Old Friends”, dedicata a Mercury, o nella autentica gemma dell’album, “Happiness”. Un’ultima parola sulle sonorità, indubbiamente vicinissime allo stile Queen, col potente e maestoso drumming di Taylor, e una chitarra dalla presenza molto più discreta di quella di May.

In definitiva questo è il lavoro della maturità artistica per l’eclettico batterista, molto superiore ai suoi predecessori: un disco solido che può piacere ai fan della Regina e non solo, anche se diverso dagli altri lavori solistici, quindi sia dai barocchismi disco un po’ kitsch di Mercury sia dal chitarrismo sentimentale di Brian May.

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