Roger Waters non ha mai superato la perdita del padre nello sbarco di Anzio e, a quasi cinquant’anni di distanza, Amused To Death inizia e si conclude con il racconto pacato e drammatico di un militare inglese della seconda guerra mondiale. Una lettura critica di Amused To Death non può prescindere dalla guerra e dalla devastazione che essa arreca nel corpo e nell’anima degli uomini. Da questa, e in un secondo momento, è poi possibile apprezzare le scelte musicali e la vena interpretativa di Waters. Il disco è una sorta di apologia dell’uomo e le sue debolezze, in cui ogni brano è essenziale per comprendere tutto il resto sia in termini di flusso musicale, sia per i singoli temi trattati.
L’attitudine alla morte degli uomini, insensata e incontrollabile, si traduce già nel primo pezzo ("What God Wants, Part I") in un’amara riflessione sulla volontà di Dio: "God wants crusade, God wants jihad, God wants good, God wants bad". Una canzone rock con un irresistibile refrain che sembra sottolinearne sarcasticamente i pesanti contenuti.
Seguono le due parti di "Perfect Sense", nella prima le visioni e i pensieri di una scimmia di cinematografica memoria, ereditano il sentimento di insofferenza del brano precedente. La seconda è una semplice e amara constatazione sul potere del denaro: "can’t you see, it all makes perfect sense, expressed in dollar and cents, pound shillings and pence". Nelle due composizioni emergono il tocco pianistico e l’accompagnamento orchestrale che per tutto l’album caratterizzeranno, rispettivamente, i momenti più riflessivi e quelli paranoici.
"The Bravery Of Being Out Range" è un rock chiuso ed energico che insegue riflessioni, al limite della farneticazione, sul mondo militare. "Late Home Tonight", part I e part II, si sviluppa su un terreno intimo e familiare, la voce di Waters si fa più calda e meno incline alla melodia. E’ il momento più intenso dell’album, la musica è solo uno sfondo per inquietanti quadretti domestici, opposti e frapposti, ad ironiche osservazioni sulla guerra: "the beauty of military life, no questions only orders and flight, only flight".
Segue "Too Much Rope", un brano malinconico che denuncia alcuni aspetti contradditori della natura umana, probabilmente il punto più alto dell’intero lavoro in termini di compenetrazione fra musica e testi.
"What God Wants, Part II" è solo un richiamo alla parte prima, un momentaneo sipario a quello che su 33 giri era il lato A.
La seconda parte esordisce con "What God Wants, Part III", nome questo, dato forse solo perché a portata di mano e dall’impossibilità di trovarne uno adatto: un Waters fin troppo ispirato infatti stende su tappeti di tastiere e chitarre lancinanti un testo decisamente vaneggiante. I due brani successivi sono quelli meno integrati nello stile complessivo del lavoro. "Watching TV" è la sofferta storia di una ragazza cinese che perde la vita in piazza Tienammen, un pezzo commovente, cantato a due voci e squisitamente accompagnato dalla chitarra acustica. "Three Wishes" è un episodio onirico legato al ricordo del padre dell’artista.
Il successivo e penultimo brano è "It’s A Miracle", in cui ancora una volta la cinica ironia dello scrittore è l’assoluta protagonista: "They’ve got Pepsi in the Andes, (…) A Brazilian grew a tree, a doctor in Manhattan saved a dying man for free, it’s a miracle". Il brano sfuma e introduce la degna chiusura dell’album "Amused To Death. In termini tecnici la title track è l’ultima fra le tracce, ed è come un voler testimoniare dal principio alla fine, quasi ossessivamente, il messaggio finale. La specie umana ha una naturale tendenza al proprio annichilimento e Waters non trova di meglio che far ribadire il concetto ad un alieno durante i suoi test antropologici. Un pezzo splendido che è una delle vette dell’intera produzione solista e con i Pink Floyd.
Il primo ascolto, sia chiaro, è difficile, un po’ come essere arrivati a questo punto della recensione. Il complesso caleidoscopio di suoni e parole messo in piedi nel disco non è immediatamente godibile; spesso il piacere di ascoltare certa musica è come una rivelazione e l’autore ama offuscare il suo genio compositivo sotto un’ingombrante personalità. La ricerca di significati reconditi, la percezione di una melodia nascosta, l’apprezzamento dei suoni di sottofondo, sono gli strumenti necessari per un ascolto attivo, scevro dai meccanismi del music business che ci propina musica che si esaurisce in pochi passaggi radiofonici.
"Amused To Death" è del 1992, da allora Waters non ha praticamente più prodotto materiale inedito e a novembre, dopo tredici anni, presenterà la sua prima opera lirica. Questo è quindi, moralmente, il disco terminale della carriera rock di uno dei geni della musica moderna. Un punto di approdo che chiude un discorso musicale durato trent’anni, che senza di esso, sarebbe rimasto senza il suo appassionato epilogo.
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