Scriverò questo "elogio" a Roger Waters dimenticando il fatto che sia stato l'autore di Ummagumma, Atom, Dark Side, Wish, A Saucerful, The Wall, Animals e tante altre cose.
Difficile parlare di "Radio Kaos". Impossibile "contestualizzarlo" nell'opera floydiana e nella stessa opera solista del bassista inglese.
Ma, se proviamo a dimenticare le cose che ho citato prima, forse riusciremo a capire la grandezza del disco.
E' il 1987. Waters firma la liberatoria affinche David Gilmour possa utilizzare il nome Pink Floyd. In realtà fu un'imposizione della Columbia. Che in caso lui non avesse firmato, la casa discografica non avrebbe fatto uscire la colonna sonora "When the wind blows" del 1986. Ora Gilmour e Mason hanno carta bianca per far uscire la loro "momentanea perdita della ragione". Da questo punto in poi la battaglia tra le parti non sarà più nei tribunali.
Sappiamo tutti quanto gli anni ottanta furono deleteri per un certo tipo di musica. Ma "Radio Kaos" è a mio parere uno dei dischi più belli, perfetti e ricchi di trovate dell'intero decennio.
Waters imbroglia le carte scioccando tutti regalando un album "leggero" e digeribilissimo (a differenza di The Pros and Cons).
Il disco si apre con il singolo "Radio Wawes". Dove tastiere e synth la fanno da padroni. La batteria elettronica invade ogni secondo del brano, distante anni luce da ogni cosa fatta in precedenza. Un brano di grande impatto radiofonico. Potentissimo.
Il disco prosegue con "Who needs information". Grande atmosfera. Il terzo brano è il capolavoro del disco (Me or Him). E' la canzone dove si comprende appieno che nonostante il desiderio di fare un disco che fosse al passo con i tempi, che volesse vendere tonnellate di copie, ci fosse dietro a tutto questo un autore immenso. Unico. Il brano riporta alle sonorità (senza appesantirsi) di The Final Cut, If, Brain Damage.
La successiva "The powers to be" cerca nuovamente di gettare fumo negli occhi instradando nuovamente il disco verso un sound smaccatamente commerciale e pomposo. Ma di livello. "Sunset Strip" è il "singolo mancato". Un brano pop pregevolissimo dove personalmente vi trovo il meglio degli anni ottanta nella loro interezza. Grande ritornello, che riprende le tonalità del Waters più "classico" ma viste da un'angolazione del tutto inedita e diversa.
L'album si chiude con la corale "The Tide is Turning". Un brano che se fosse stato pubblicato a nome "Pink Floyd" avrebbe venduto milioni di copie. Un capolavoro assoluto nella sua semplicità e grandezza.
Allora.
Siamo di fronte ad un album che dividerebbe chiunque, quindi non mi aspetto consensi favorevoli. Ma invito tutti a rivalutarlo alla luce del decennio in cui è stato realizzato. Allontanarsi per una quarantina di minuti dalla discografia dei Floyd ed ascoltarlo senza preconcetti. Scoprirete un disco piacevolissimo, centrato e di grande equilibro.
Piccola nota di chiusura.
L'album si apre con un suono del tutto simile a quello di "The piper at the gates of dawn". Nella stessa identica maniera. Ma poi si dirige verso ben altri universi.
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