Album composto durante la battaglia legale con Gilmour e Mason per l’utilizzo del nome della band (stiamo parlando dei Pink Floyd, per chi non lo sapesse), Radio Kaos rappresenta una svolta musicale, rimasta isolata, nella carriera di Waters.
Questo album presenta infatti un sound più squadrato, semplice e veloce rispetto alle altre sue composizioni, pur mantenendo caratteristiche tipiche dell’approccio visionario e “cinematografico” tipico di Waters (utilizzo di dialoghi recitati e rumori ambientali). Come troppo spesso è avvenuto nella sua carriera solista, la musica ha soprattutto funzione di sostegno della storia raccontata da questo concept album, riuscendo ad arrivare solo in un paio di episodi ai risultati artistici “alti” tipici del periodo con i Pink Floyd; il resto dell’album oscilla fra esiti discreti ed interessanti.
I brani presenti nell’album raccontano la storia di Billy, un ragazzo invalido che, in breve, attraverso l’utilizzo di un computer riesce a far credere al mondo intero che si sta’ scatenando una guerra nucleare: scopo del gesto è quello di spingere gli uomini a riflettere sull’assurdità di una guerra atomica e spingere la gente a cercare con più forza il dialogo. In origine l’album doveva essere doppio, ma poi sotto pressione della Emi, Waters scartò parte del materiale per adattarlo ala lunghezza di un LP (di questi “scarti” oggi possiamo ascoltare 3 canzoni presenti come b side dei singoli allora usciti).
L’album esordisce con una pop song, “Radio Waves”, dai contenuti non banali, estremamente orecchiabile e vivace ma lontanissima dallo stile sviluppato dall’autore nella sua carriera. Segue “Who needs information”, brano interessante, con accenti funk e una buona melodia. Seguono “Me or Him” e “The powers that be”. La prima è una canzone dal dolce andamento, rovinata però da un arrangiamento freddo e squadrato (in particolare la batteria). La seconda è un canzone che ricorda certa musica disco del periodo: decisamente uno stile che Waters gestisce male. Analoga atmosfera la ritroviamo in “Sunset Strip”. La sesta traccia è “Home”, uno dei migliori episodi dell’album: brano vibrante e con un bel crescendo centrale, rovinato però nella parte finale da una eccessiva piattezza e verbosità. Per questa strada però si arriva al capolavoro dell’album: “Four Minutes”, brano di grande atmosfera e pathos, dominato dalla splendida voce di Clare Torry (“The great gig in the sky” vi dice nulla ?). Il finale dell’album spetta alla dolce “The tide is turning”, una delle più famose canzoni del Waters solista (presente anche nel suo “The Wall: live in Berlin”).
Per concludere: un disco con un gran potenziale, penalizzato però da arrangiamenti poco adeguati e da linee melodiche spesso troppo piatte.
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