Siamo sempre all'annoso problema: possono i videogame rappresentare, accanto alla loro "funzione" ovvia di intrattenimento, una nuova forma d'arte? Possono (finalmente?) liberarsi dallo stereotipo del genere come già avvenne per il cinema prima e come sta avvenendo per i fumetti?
Forse è un pò prematuro, ma i semi per riuscirci ci sono.
Tutto è un prodotto (musica, film, videogiochi), ma alcuni prodotti forniscono delle suggestioni che potremmo chiamare "artistiche" (la grafica di Far Cry 2, le invenzioni stilistiche di The Path, la storia cinematica di Fahrenheit...), altri invece sono divenuti un vero e proprio fenomeno culturale (in diversi modi e tempi, si possono citare: Super Mario Bros, The Sims, World of Warcraft, Tetris, Tomb Raider, ecc...).
American McGee's Alice rientra, nella mia opinione, nella prima categoria. Non tanto per l'innovazione o per meriti, per così dire, grafici, bensì per la straordinaria inventiva del suo creatore nel ricreare un mondo (Wonderland) che, dopo le prime due avventure "cartacee" di Alice, è diventato cupo e perverso (vi ricorda qualcosa? Ne parleremo dopo...).
Questo gioco, sviluppato dallo studio di American McGee (si, è un tipo che si chiama proprio così...), grande level designer di Doom II e III e di Quake, venne rilasciato da Electronic Arts nell'Ottobre del 2000.
Il gioco è introdotto da un lungo filmato in cui scopriamo che Alice, dopo le sue visite nel Paese delle Meraviglie, è diventata una adolescente (è stata concepita come una parodia di Lizzie Borden, l'assassina statunitense di fine '800) con diversi problemi psichici (e vorrei ben vedere...), non ha amici, ha sempre uno sguardo catatonico e assente e, come se non bastasse, dopo la morte in un incendio dei propri genitori (incendio causato forse da lei stessa) e dopo un conseguente tentativo di suicidio, viene rinchiusa in un manicomio (la scena del filmato vede un'Alice sempre più alienata e raggomitolata in posizione fetale che scuote la testa meccanicamente, mentre la realtà intorno sembra frammentarsi). Alla fine del filmato, Alice (sempre sospesa, come noi del resto, fra realtà e sogno) viene contattata dallo Stregatto: Wonderland è sotto il dominio della Regina Rossa che ha piegato alla sua perversa volontà tutto il reame e Alice dovrà trovare il modo (raggiungendo l'inafferrabile e antipatico Bianconiglio) di salvare la situazione.
Da questo punto parte il gioco vero e proprio: un action-adventure in terza persona con enigmi non difficilissimi sparsi qua e là, molto divertente da giocare (anche se con un gameplay non esente da difetti, tipo i controlli non sempre precisi ed immediati (ah, la frustrazione di certe sezioni platform!) anche se abbastanza "standard": per rendere l'idea, uno stile di gioco alla Tomb Raider. Una marcia in più hanno i combattimenti con i vari boss, che devono essere affrontati cercando soluzioni diverse dal semplice scontro "fisico".
Quello che fa la differenza è la caratterizzazione di Wonderland e dei suoi abitanti. A partire da una versione punk/dark completa di tatuaggi, piercing e ghigno sardonico del Cheshire Cat (che funzionerà da "consigliere" per quasi tutto il gioco, regalando frasi come "Gli ignoranti dovrebbero colmare le proprie lacune... o morire", "Solo alcuni trovano la strada: certi non la riconoscono mentre la percorrono..altri invece non vogliono percorrerla..", o "Solo uno sciocco può credere che la sofferenza sia la giusta ricompensa per coloro che sono differenti"), alle varie armi di Alice (che se ne va in giro con il suo vestitino standard bianco e blu, però sporco di sangue e con i bottoncini a forma di teschietto e con in mano l'immancabile coltellaccio da macellaio, la Vorpal Blade, il "Brando Vorpido che schidiatta..."), passando da un esaltato e perverso Cappellaio Matto versione scienziato pazzo, uno scontro con una malatissima Duchessa e l'atmosfera generalmente malata e corrotta, rappresentando un "doppio oscuro" del Wonderland originale. Il tutto però è costruito tenendo ben presente l'opera di Lewis Carroll e cercando di mantenerne il "clima": nonsense, giochi di parole, umorismo, assurdità generalizzata restano, ma sono virate in nero.
Proprio le locazioni sono il punto forte del videogioco: rimangono impressi gli scenari (comunque tutti molto curati e originali), fra cui spiccano il "Looking Glass Land - Pale Realm" in cui Alice entra nel mondo di "Attraverso lo specchio" che è stato trasformato in bianco e nero e in cui la stessa Alice dovrà muoversi sulla scacchiera come se fosse un Alfiere, lo psichedelico "Behind the Looking Glass" con l'ossessione del Cappellaio Matto per gli orologi e gli esperimenti su cavie umane (e il grandioso scontro con il cappelluto bevitore di tè), il mostruoso Jabberwock e il cromaticamente disturbato "Queensland".
Molto buono anche il comparto musicale: sia i mai fastidiosi effetti ambientali che le stupende musiche di accompagnamento (mi ricordo in particolare l'atmosfera "magica" del primo livello con le cascate), curate dall'ex Nine Inch Nails Chris Vrenna.
Tutto il gioco quindi è una immersiva rivisitazione del classico della letteratura "Alice in Wonderland/Through the Looking Glass" virato all'orrorifico e un confronto con "Alice in Wonderland" di Tim Burton vede quest'ultimo pesantemente sconfitto (provate a cercarvi i video du youtube e ne rimarrete affascinati): la dove Burton sembra "tirare il freno" e realizzare un prodotto cinematografico schiavo degli effetti speciali e destinato ad essere una favoletta per bambini, McGee e il suo team ci forniscono una versione matura, divertente e distorta.
Il videogioco, quindi, è un capolavoro del genere adventure, è bello da vedere (occhio, chi è abituato alla grafica di ultima generazione magari avrà difficoltà ad apprezzare un gioco del 2000), è innovativo in parte del gameplay, offre una storia appassionante, ma soprattutto è maledettamente divertente e "catchy" (quanto volte ho pensato "un'altra partita, un altro pezzo di livello, poi vado a nanna e, ovviamente, facevo le ore piccole!).
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