Settembre 2009: il regista Roman Polanski viene arrestato all'aereoporto di Zurigo per una vecchia accusa di violenza sessuale ai danni di una minorenne. La notizia fa il giro del globo e finisce sulle pagine di tutti i giornali. Uno degli uomini di cinema più famosi e apprezzati che viene accusato di un gravissimo crimine. Nel periodo in cui scoppiò questo caso, oltre alla solita opposizione tra "colpevolisti" e "innocentisti", Roman Polanski portò sul grande schermo il suo 18° lungometraggio, intitolato "L'uomo Nell'Ombra", titolo originale "The Ghost Writer".
Il film in questione, proprio per le vicende prima accennate, è quasi finito in secondo piano rispetto ad altri film della produzione recente di Polanski. Se infatti un titolo come "Il Pianista" ha conosciuto grande notorietà internazionale per i tanti premi cinematografici che ha ricevuto, anche il discreto "Oliver Twist" è stato più presente sulla scena mondiale. Sia chiaro: "L'uomo Nell'ombra" non è "Chinatown", ne tantomeno "Rosemary's Baby" per qualità cinematografica e artistica, ma probabilmente è una pellicola che non ha trovato gli apprezzamenti che pur merita.
Ispirato all'omonimo romanzo di Robert Harris (co-autore della sceneggiatura), il film racconta l'esperienza lavorativa di un "ghost writer" interpretato da Ewan McGregor, incaricato di scrivere la biografia dell'ex Primo Ministro inglese Adam Lang (Pierce Brosnan). Occupazione che gli viene affidata dopo che il precedente scrittore, proprio durante il periodo di lavoro alla biografia, aveva perso la vita in circostante mai del tutto chiare. La vicinanza con un uomo così potente pone il nostro caro scrittore di fronte ad interrogativi decisamente più grandi di lui, e come spesso accade il protagonista finisce per diventare una sorta di "detective politico."
In questo limbo di cose non dette e mezzi indizi, Polanski costruisce un film visivamente "oscuro" (plauso alla fotografia di Pawel Edelman) e dall'andamento "classico", teso a svelare lentamente, forse anche troppo, le varie implicazioni della storia. Ritmo che accellera nel finale, quando vengono pian piano a galla tutte le macchinazioni dei "potenti".
E' interessante notare come Polanski utilizzi una "persona normale" per descriverci gli oscuri giochi di potere della politica. Viene quasi automatico immedesimarsi nel ghost writer che improvvisamente si riscopre all'interno di una scacchiera di spie, professionisti dell'intrigo e violenza. Come se il cineasta personalizzi il popolo nella figura di McGregor, così normale e lontano da quel mondo in cui si ritrova invischiato. Neanche troppo velato è l'attacco agli atteggiamenti militaristi di diversi paesi (vedi Inghilterra e USA), tanto che molti critici cinematografici hanno visto nella figura di Adam Lang, un chiaro riferimento all'ex Primo Ministro inglese Tony Blair e alla sua "politica di asservimento" nei confronti dei cugini statunitensi.
"L'uomo Nell'Ombra" è una pellicola spy-thriller che predilige le atmosfere cupe e un andamento compassato all'adrenalina esasperata ormai tipica del genere. Roman Polanski dirige un film che non innova nulla in materia, ma che riprende e in parte rielabora in chiave più moderna, le panoramiche "thrilling" degli esordi. Un'opera classica, lineare, confezionata con la solita grande maestria stilistica. Unico neo quello di dedicare "screentime" a sequenze che non hanno un valore rilevante nell'economia della pellicola. Decisamente riuscita è invece la scena finale: quei fogli che volano via nel vento, l'ennesima speranza di verità svanita, l'ennesima dimostrazione della piccolezza dell'uomo di fronte alla vastità oscura di un "mondo" che è meglio non toccare...
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