1977. Un salotto americano anni '50. Sta per cominciare la quarta parte dell'intervista concessa dall'ex-presidente Nixon allo Shiwman e presentatore di talk show David Frost. Le prime tre sedute sono state a dir poco catastrofiche per il presentatore inglese. Nixon l'ha annichilito, ed è dire poco. Ha manipolato la conversazione divagando nei suoi ricordi, e il tempo pagato a caro prezzo dall'intervistatore (600000 $ per le quattro interviste) si è rivelato inutile. Ma l'argomento di quest'ultimo dibattito è il Watergate, una superficie alquanto scivolosa per Nixon. Frost dal canto suo non è stato con le mani in mano ed ha trovato delle informazioni che saranno il suo asso nella manica.

"Frost/Nixon" è sempicemente, come suggerisce il titolo, uno scontro, una battaglia di oratoria: Nixon, che si era allontanato dal mondo della politica dopo la caduta, ne vede la chance per ritornare a Washington, e alla vigilia di quest'ultima intervista è molto probabile che ciò avvenga (due tecnici del suono che non avevano mai votato per lui, dopo le prime tre sedute lo avrebbero eletto se si fosse presentato un'altra volta alle presidenziali!). Frost ci può solamente perdere. È all'apice della sua carriera di presentatore in Gran Bretagna e in Australia, ma quando vede i dati auditel sulla parenza di Nixon dalla casa bianca, si lancia in questo progetto che sembra fino alla fine essere troppo grande per lui: le grandi case di produzione americane (ABC, NBC, CNN, CBN,..) rifiutano di sostenere queste interviste, ritenute non fruttuose visto che Frost non ha mai fatto cose del genere. David si ritrova dunque a scommettere tutto: la carriera, che si infosserebbe in caso di sconfitta, e la sua piccola fortuna, spesa per aver l'intervista di Nixon. Frost, consapevole di non essere preparatissimo nell'ambito, ingaggia due giornalisti che lo aiuteranno nella ricerca, frustrati per la possibile perdita della carriera, cosa di cui Frost non si preoccupa fino alla fine della terza seduta. E li', cambia tutto.

La storia è a mio dire ben orchestrata, anche se ci sono delle cose che non mi hanno convinto a fondo: primo, il fatto che in varie parti del film ci fossero delle "tesimonianze" sulla vicenda (fatte dagli attori, non dai veri protagonisti della storia), che mi sono sembrate alquanto false e che tagliavano il ritmo del film. D'altro canto in queste testimonianze ci vengono date delle informazioni molto importanti che sarebbe stato difficile comunicarci altrimenti. Secondo punto, le motivazioni di Frost. L'obiettivo iniziale era fare il massimo di ascolti, ma viene detto una volta sola nel film, e mai più ripetuto. Sembra che il presentatore abbia come nuovo scopo "ingaggiare battaglia" con Nixon, ma questo non viene mai detto, e neppure fatto capire. Ci si arriva dopo, pensandoci (sono io che sono lento?).

Ma la rappresentazione di Nixon è eccezionale. Frank Langella, nominato all'Oscar, riesce ad entrare nel presonaggio e a farcelo "sentire". Farci sentire le sue emozioni, i suoi problemi, i suoi dubbi, soprattutto sul Watergate. Qui non si gioca sulla somiglianza con l'ex-presidente, ma sulla gestualità, il linguaggio e la psicologia.

Un film consigliato a chi ama la Storia, la Politica, e la visione di Presidenti degli Stati Uniti d'America in sofferenza.

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