PLAY EVERYTHING LOWER AND SLOWER.

Dev'essere questo il motto in casa Rorcal.

Misconosciuta formazione svizzera, con all'attivo un album e tre EP, nel 2010 si imbarcano in ciò che sarebbe stata la loro consacrazione, o l'eterno oblio. Con molte probabilità, la prima che ho detto.

E così si giunge a "Heliogabalus". Un'unica, lunghissima traccia (ben 70 minuti) all'insegna della pesantezza e della lentezza.

Un viaggio talmente denso e intenso che potrebbe mettere in difficoltà persino l'ascoltatore più preparato. Estenuante, opprimente.

Un disco che è l'estremo portato all'estremo. Maledettissimo sludge-doom a 20bpm (se vogliamo esagerare), su cui si appoggia una voce proveniente direttamente dal nostro inferno personale, per trascinarci in basso e farci soffocare lentamente. Parentesi dronico-industriali da far tremare la terra. Un solo (o quasi), unico riff che si ripete ciclicamente, senza la minima variazione, o almeno non una percettibile.

Una badilata di merda, insomma. Esasperante (esasperato) e sofferente, di una sofferenza quasi masochistica, alla fine della quale vuoi fare un altro giro, consapevole che la tua sopravvivenza non è cosa così sicura. Un'esperienza che sotterra l'ascoltatore, costringendolo a lottare e affannarsi faticosamente se vuole arrivare indenne alla fine di essa.

Difficile riportare tale ostile, devastante esperienza sonora per iscritto. Arrivato a sto punto posso solo dirvi che:

1) Se amate l'estremo veramente definibile tale

2) Se non vi spaventa la ripetitività portata all'esasperazione (in senso positivo)

3) Nient'altro, ma solo due punti mi sembravano brutti

Questo album fa per voi.

La morte interiore.

A pochissimi bpm, ovviamente.

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