Un disco fondamentale per comprendere appieno lo stile musicale di Rory Gallagher è senza dubbio questo "Blueprint" pubblicato a inizio 1973 e che di fatto rappresenta uno dei dischi cosiddetti must-have del geniale artista irlandese.
La sua genesi è, tuttavia, piuttosto particolare: dopo il successo di "Live! In Europe" del 1972, infatti, la band intorno a Rory cambia pelle, in quanto il posto di Wilgar Campbell alla batteria viene preso dall'ambidestro Rod de'Ath e viene aggiunto alla tastiere Lou Martin nativo di Belfast e compagno di band di de'Ath dai tempi dei "Killing Floor", piccola band Rock/Blues nella quale entrambi inizialmente militavano.
La diretta conseguenza di questa piccola rivoluzione in seno alla "Rory Gallagher Band" si avverte soprattutto a livello stilistico, in quanto il sound già potente e riconoscibile di Rory si arricchisce di elementi nuovi, estendendosi verso altri stili musiciali, come vedremo da qui a poco.
L'esordio è di quelli memorabili e viene affidato alla stupenda "Walk On The Hot Coals" che già dà prova di questo cambiamento sostanziale: la chitarra sempre inappuntabile di Rory svisa e improvvisa, stagliandosi su un avvolgente tappeto sonoro rappresentato non solo dalla sezione ritmica McAvoy-de'Ath di livello, ma dalle tastiere di Martin che conferiscono al pezzo in questione un'inedita ma assolutamente originale impronta funky.
"Daughter Of The Everglades" è, invece, un'immaginifica ballata che evoca magicamente atmosfere addirittura di stampo medioevale, grazie soprattutto al sempre eccellente lavoro alle chitarre (acustiche ed elettriche) del buon Rory.
Con "Banker's Blues" torniamo, invece, al Blues più classico, ispirato alla figura del bluesman "Big" Bill Bronzy, e dove sia Rory sia Martin si dividono equamente le (belle) parti soliste.
"Hands Off" è, invece, un pezzo Rock/Blues di grande impatto e potenza dove la "slide guitar" del solito irlandese si fa sentire eccome, idem dicasi per l'altrettanto bellissima "Race The Breeze" dove il ritmo sembra emulare quello delle sempre affascinanti locomotive a vapore alle quali pare si sia ispirato il genietto di Ballyshannon per la creazione di tale geniale pezzo.
Con "Seventh Son Of A Seventh Son" ci si avventura persino in territori quasi psichedelici alla maniera dei The Doors, come si evince dalla intro iniziale che sembra quasi fare il vero a una "The End" qualsiasi, per un totale di quasi 8 minuti e mezzo dove Martin sfodera un'altra ottima prestazione alle tastiere e Rory rifinisce con un bell'assolo tagliente a metà canzone all'incirca.
La strumentale "Unmilitary Two-Step" mostra, per contro, il lato Folk/Rock di Rory dove per circa 2 minuti e mezzo intrattiene l'ascoltatore con questa canzone acustica che per alcuni arpeggi potrebbe persino ricordare qualche pezzo acustico dei Led Zeppelin, soprattutto "Bron-Y-Aur Stomp", a ben ascoltare alcuni passaggi di essa.
Il finale è di quelli all'insegna di un Country assai sognante ed è rappresentato dalla magnetica "If I Had A Reason" che chiude alla perfezione un altro album che ciascun amante del Rock quello vero dovrebbe possedere in bacheca soprattutto per capire la grandezza del "fu" Rory Gallagher.
Carico i commenti... con calma