Berlino, primissimi anni '90: due giovani musicisti si incontrano, sono due personalità diverse, con diverse idee e aspirazioni musicali ma, come si suol dire, gli opposti si attraggono. I due si conoscono, stringono amicizia, cominciano a scrivere qualcosa insieme, a tenere qualche concertino e, un bel giorno, vengono notati da tale Peter Muller, un produttore che, tra le altre cose, è stato a fianco di una certa Nina Hagen in due dischetti come "Nina Hagen Band" e "Unbehagen". Proprio robetta da nulla, eh? Evidentemente abituato alle cose brillanti e un po' eccentriche, Muller intuisce le potenzialità di questo duo e si attiva per procurare loro un contratto discografico, dando così inizio alla bella storia dei Rosenstolz. Le anime diverse ma perfettamente complementari di questo duo sono Andrea Neuenhofen, in arte AnNa R, e Peter Plate: la prima è un'esuberante cantante con velleità liriche, in fissa con la chanson, il cabaret e l'estetica retrò, il secondo un bel biondino nonchè brillante compositore e polistrumentista con un imprinting orientato alla dance e al synth-pop. La marcia in più di questo "Soubrette Werd' Ich Nie", esordio datato 1992, è proprio la complicità, il perfetto affiatamento tra due persone di talento: Peter scrive le musiche e le modella su misura per quelle che sono le attitudini e le caratteristiche di AnNa, che dal canto suo collabora alla stesura dei testi; rigorosamente in lingua madre anzichè in inglese come avrebbe inizialmente voluto Peter.
Ricapitolando: dance, synth-pop, cabaret e bel canto; un mix ad alto coefficiente fru fru, non penso serva chissà quale intuito per arrivarci, però con classe, creatività, brio e un pizzico di gusto kitsch tipicamente teutonico. Ci sono episodi di impronta smaccatamente glam-pomp e accompagnati da videoclips che sono tutto un programma come la titletrack e soprattutto un'irresistibile "Schlampenfieber" ma in "Soubrette Werd' Ich Nie" c'è anche molto altro, e alla fine i due singoli di punta finiscono quasi per risultare fuorvianti; soprattutto perchè l'uso del cantato "liricheggiante" è limitato quasi esclusivamente ad essi. Che si lanci in performance operistiche o meno, AnNa R si dimostra comunque una performer coi fiocchi: brillante, duttile e carismatica, effettivamente molto più di una qualsiasi soubrette, e a tutto il resto provvede il talento e l'estro stilistico di Peter Plate. Una splendida ballad come "Januar (Wenn Die Mona Lisa Weint)", con il suo romanticismo suggestivo e malinconico e il suono dolce ed evocativo di un flauto ad accompagnare la melodia ne è una dimostrazione palese, come anche la più sommessa e toccante "Wenn Du Aufwachst", che esplode in un crescendo finale di grande intensità e l'atmosfera cullante e ovattata di "Voyeur", adorabile ninna-nanna per carillon e violoncello. Lustrini ma anche tanta dolcezza e sentimento quindi, e non è ancora tutto: il sound scenografico e radiofonico di "Ich Geh Auf Glas", pop ottantiano ma con arrangiamenti classicheggianti e stilosi (il clavicembalo dannazione, ma quant'è bello quel suono tremulo e zampillante!) e la potente carica danzereccia di "Konigin", il cui impeto sontuoso e funambolico si inserisce idealmente nel solco tracciato dagli ABBA con la mai troppo sottovalutata "As Good As New", più briosi e frizzanti episodi di contorno come l'atmosfera da cabaret berlinese d'antan di "Erwarten 'se Nix" e il delizioso bubblegum-pop orchestrato a' la Nina Hagen periodo DDR di "Magnetisch".
Oltre ad essere un ottimo autore, Peter Plate dimostra anche doti canore tutt'altro che trascurabili, ne dà un'assaggio nell'affascinante chanson "Stoltz Der Rose", in cui fa da efficace contraltare alla compagna d'avventura e soprattutto in una sorprendente "Kosmos", l'episodio che più si distacca dal mood generale dell'album: qui domina una base elettronica e atmosfere piacevolmente gotico-futuristiche, una variazione sul tema che tuttavia non risulta per nulla estranea nel contesto generale. Peter si disimpegna impeccabilmente con un cantato scandito e declamatorio, e quel "mir ist kalt" che ricorre più volte nel testo mi ricorda abbastanza da vicino "Keine Lust" dei Rammstein; mi piace pensare ad un omaggio "subliminale", e dopotutto questo stile e sonorità sono qualcosa di tutt'altro che distante dal repertorio nel buon Doktor Flake. Su quattordici canzoni ci scappano un paio di episodi un po' interlocutori, è qualcosa di quasi fisiologico e matematico, ma in fin dei conti l'unico vero passo falso (o più lungo della gamba per essere più precisi) risulta essere "Klaus-Trophobie": un tributo a Klaus Nomi un po' troppo manieristico e forzoso, soprattutto in quel ritornello che ricalca palesemente l'inarrivabile "Total Eclipse". AnNa R è brava ma Klaus rimane comunque di un'altro pianeta e questa semicover non rende minimamente lo slancio e la freschezza dell'originale, finendo per risultare un evitabile peccato di ubris.
Quando non si confrontano direttamente con cose irreplicabili per definizione, i Rosenstolz si rivelano un duo dinamico, talentuoso e pieno di sorprese, con tanta personalità e una proposta originale. Questo esordio non li porterà ad un largo successo, per quello bisognerà aspettare ancora qualche anno, ma rimane uno dei loro album migliori ed un ottimo punto di partenza per approfondirne la conoscenza. Interessante notare come i Rosenstolz siano riusciti ad ottenere un'ampia notorietà e anche qualche meritatissima prima posizione nelle hit parade di casa loro (ed in parte anche in Austria e Svizzera); mi immagino una proposta del genere nella nostra carissima Italia, nel "migliore" dei casi si sarebbero ritagliati una dimensione marginalissima e simil-macchiettistica a'la Gennaro Cosmo Parlato, quindi complimenti a loro ma anche al pubblico tedesco, per cui il Pop da classifica non è necessariamente un insulso minestrone di banalità di quart'ordine.
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