Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su http://solouninsiemedibugie.blogspot.com/2010/10/release-revolve-renew.html

Tre, quattro, cinque linee di chitarra che si intersecano, si fondono, sprigionano emozioni mentre il disco dei Rosetta più compatto mai registrato si dipana orgoglioso, immerso nelle urla ossessive di Michael Armine (professore di medicina di giorno e maniaco omicida dei microfoni di notte), nel tripudio dei suoi testi più intimisti e siderali.

Post-metal, post-hardcore, post-rock, post-punk, post del post. I Rosetta iniziano dove finiscono gli Isis. Stravolgono la materia e la ripropongono in un miscuglio di effervescenze incessanti, affinando la melodia e suonando anche un pò shoegaze, ma quello shoegaze pur sempre per astronauti. Un pò come i Buried Inside, ma qui le atmosfere sono decisamente meno opprimenti; le marce funebri tipiche dei canadesi vengono sostituite da frastornanti colonne sonore per veri e propri viaggi nello spazio. In pratica una versione heavy dei God Is An Astronaut, ma con un cantante che non perde occasione per sbraitare a più non posso.

I quattro di Philadelphia sono sinonimo di saturazione dei suoni e di pedaliere costruite in modo tale da sperimentare gli effetti più deliranti da attribuire ad un'unica chitarra, che è tutto nella loro filosofia musicale. David Grossmann e Bruce McMurtrie sono due artigiani al servizio del genio di Matt Weed, rafforzano e smorzano il lavoro ora propulsivo ora essenziale di una chitarra che comunica attraverso le proprie camaleontiche pulsioni. Come in ''Ayil'', la mazzata iniziale, che si spegne e si riaccende in un fermento di urla e ceffoni. ''Blue Day For Croatoa'' è (come lo era ''Tomet Nosce'' in Wake/Lift) la pace dei sensi prima di piombare all'inferno: ''Release'', ''Revolve'' e ''Renew'', in qualche modo connesse, con i loro finali altisonanti e i loro momenti più sommessi, ammaliano ed allo stesso tempo tormentano, tra un giro di basso (vero motore delle parti soft del disco) ed una soprendente voce pulita.

La sensazione è quella che i Rosetta non abbiano ancora svelato tutte le loro carte. ''A Determinism of Morality'' si impone come un traguardo intermedio di assoluto spessore, grazie alla sua capacità di crescere ad ogni ascolto e di conquistare sulla lunga distanza, laddove troppi concorrenti ottengono esattamente il risultato opposto.

Ognuna delle sue componenti, muovendosi da una base comune, diverge verso strade riservate e distanti, ognuna libera di evolversi a suo piacimento, consapevole solo del fatto che dovrà, prima o poi, fare in modo che il proprio percorso torni a combaciare con quello delle altre.

Tutto il resto è libertà pura. 

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