Non posso onestamente affermare che siano un grande gruppo in senso assoluto, ascoltato un loro disco ascoltati tutti, più o meno, e dopotutto non è sempre facile mantenere alti livelli di freschezza ed ispirazione quando si fa parte di un sottogenere musicale dai confini molto netti e codificati, ma la loro formula funziona benissimo, specialmente in questo album di debutto. Sto parlando dei Rotersand, un trio tedesco che propone soluzioni a me particolarmente gradite, ovvero musica elettronica che rende bene anche fuori dall'ambito dancefloor; nella fattispecie il loro futurepop, un EBM arricchito da influenze techno e new wave con una punta di electroclash mi risulta particolarmente godibile. Uno stile potente, diretto, bello carico e senza smancerie pseudo alternative/modaiole/hipsteriche, con tanta adrenalina, un filo di sana tamarraggine ma anche momenti più cupi e riflessivi. Con un paragone un po' ad effetto e banalizzando brutalmente, si può affermare che i Rotersand ricordino vagamente dei Depeche Mode con un bel po' di pepe al culo ed un cantante decisamente meno piacione ed egocentrico, per fortuna.

"Truth Is Fanatic", l'esordio datato 2003, è la summa del loro stile nonchè un album veramente ben fatto, muscolare e focoso come piace a me, a tratti leggermente acido ma mai eccessivamente pesante o ridondante, perfetto per chi ama i sapori forti e decisi; bombardamenti di synths, voce lasciva, una stupenda atmosfera di decadente solennità, beats industriali ed orchestrazioni stridenti che si intersecano in una trama sonora da fomento. La sontuosa "Merging Oceans" con i suoi sette minuti e mezzo di elevazione ed atmosfere da trip spaziale con cambio di tempo a sorpresa ne è l'apice stilistico, l'acidità edonistica e paranoica di "Electronic World Transmission" e il mantra malato di "Social Distortion" pulsano in testa che è un piacere, e di fronte agli stimoli basici di una caldissima "The Fire" o al synth pop trattato a steroidi di "Content Killer" non si può far altro che arrendersi, mani in alto e lasciarsi andare. Più o meno a metà dell'album arriva "One Level Down", un'inaspettata ballad semiacustica dai toni intimistici, il genere di canzone che, con un arrangiamento ben più dozzinale e magari cantata da un bel vocione cartavetroso Eddie Vedder-facsimile potrebbe essere una discreta hit per un qualsiasi gruppetto post grunge ad uso e consumo di ragazzine su di giri e stufe delle solite boyband ma l'effetto è comunque molto piacevole, dimostrazione di come a volte sia lo "spirito" alla base a rendere bella una canzone più che il suo valore intrinseco.

"One Lever Down" segna uno spartiacque nell'andamento dell'opera, da qui in poi i ritmi si fanno meno frenetici, e dopo la grande dimostrazione di stile e di forza di "Merging Oceans" le atmosfere si diradano con "Lifelight" e "Move On", midtempi caratterizzati da atmosfere darkeggianti e testi introspettivi; e dopo le toccate e fughe di groove moroderiano amplificato di una mercuriale "Sonic Agony" si chiude con "Hush", un breve e languido commiato che suona quasi consolatorio, "è stato solo un brutto sogno, ora è tutto finito", sembra essere il messaggio di questa rilassante outro, un po'ironico dopo aver colpito l'ascoltatore con una simile artiglieria pesante. Questa collezione di suoni dai contorni vagamente distopici, con un'enfasi particolare sulle debolezze della psiche umana, ha tanti e prestigiosi ispiratori e padri putativi: Prodigy, KMFDM, i primi Oomph!, Gary Numan, qualche reminescenza del Christian "Flake" Lorenz periodo 1995-1997, gli Information Society più estrosi, i grooves visionari di Giorgio Moroder piuttosto che Patrick Cowley; nel complesso l'unico album dei Rotersand veramente riuscito ed efficace nella sua interezza, un prodotto di qualità ed un album sempre efficace, intenso e "sul pezzo", tanto basta per un meritato giudizio ampiamente positivo.

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