“Triarchy of the Lost Lovers” è un album di grandissima importanza nella discografia di una band come i Rotting Christ. Nella continua evoluzione della musica dei Greci è questo album, datato 1996, a segnare il primo vero cambio di stile rispetto ai dischi precedenti.

“Triarchy…” è l’album con cui i RC introducono una vera vena Gothic nel loro fare musica, vena che sarà in minor o in maggior parte sempre presente nei dischi successivi. Rispetto al capitolo precedente, quel “Non Serviam” che è diventato un’icona del metallo ellenico, la canzoni di questa nuova fatica frenano in ritmi più rallentati, anche se qualche sfuriata qua e là sopravvive, in pezzi come “Archon” o “Shadows Follow”, il tutto sotto la guida della chitarra di Sakis che vanta il ruolo di assoluta protagonista.

Dunque di Black Metal obiettivamente ce n’è poco, a favore di questo Gothic che si è imposto nella musica dei Rottin’ rallentandola e rivoluzionandola. Le melodie che intesse il frontman con la sua sei corde sono il fulcro dell’album e riescono a compiere la missione di non essere mai scontate o banali: e attenzione, la loro assimilazione può richiedere più tempo di ciò che ci si possa aspettare.

Ma in questo caso c’è la classica “eccezione che conferma la regola”: l’opener dell’album è un pezzo folgorante che sa rapire l’ascoltatore come pochi già da subito. “King of a Stellar War” è una canzone veramente trascinante, stracolma di energia che sfoga a mille in tutti i sei e passa minuti della sua durata. Ma non immaginatevi un pezzo con la batteria a mille e urlate arrabbiate qua e là, perché si tratta di un mid tempo fatto con le melodie più vincenti dell’intero album e, anche in generale, della discografia dei Rottin’. Con queste premesse rimando anche all’ascolto di “King of a Stellar War” live, dal CD/DVD del 2009, “Non Serviam – A 20 Years Apocryphal Story”, in un’esibizione da lacrime piena di pathos.

Parlando in generale comunque, le nove tracce tra loro sono abbastanza simili, sia per sensazioni evocate che per struttura, e “King of a Stellar War” non è altro che la loro manifestazione ai massimi livelli. Sono tutte canzoni permeate di una certa ricercata malinconia di fondo che in alcuni casi si fa anche straniante.

Straniante come “Diastric Alchemy” e le sue taglienti chitarre, in una delle soluzioni più indovinate del disco. “Snowing Still” è invece il pezzo più malinconico e dolente di tutti, un abisso di disperazione nella sua lentezza, accompagnato da delle vocals e da un testo che qui incidono come non mai. L’altro pezzo degno di nota è “The First Field of the Battle”, è la sua melodia che ci accompagna per mano alla fine dell’album, è un pezzo più disteso di altri, che fa da perfetta sfumatura finale per “Triarchy of the Lost Lovers”.

Non si tratta di un capolavoro, ma comunque “Triarchy…” è un album veramente molto buono, fondamentale per la crescita musicale dei Rotting Christ, le sue influenze arrivano fin nei loro dischi più recenti. E’ un passaggio obbligato per i fan di questa straordinaria band e potrebbe piacere anche a chi mastica abitualmente Gothic, anche se siamo davanti a un lavoro molto particolare.

Un’ultima nota anche alla copertina, una perfetta descrizione della musica all’interno dell’album, nella sua povertà di colori, nelle sue ombreggiature, nelle sue linee arcigne provoca un certo senso angosciante e di andare oltre, sensazioni vicine a quelle sprigionate dall’ascolto della tracklist.

Consigliato.

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