Quando Rowland Stuart Howard, Australiano di Melbourne ma figlio negletto della provincialissima Londra ed al contrario figlio prediletto della mitteleuropea ed avanguardista Berlino degli anni ’80, ex Birthday Party, ex Crime & the City Solution, ex These Immortal Souls, guitar hero della scena post punk, romantico eroinomane, comincia a lavorare al suo secondo disco solista sa di avere un tumore al fegato e che quello sarà quasi certamente il suo ultimo album. Non sa se il tempo che gli rimane gli consentirà di subire il trapianto per cui è in lista di attesa, ma impegna tutte le energie che gli restano perché gli consenta almeno di completare un nuovo disco. Verrà esaudito solo il suo secondo desiderio e nell'ottobre del 2009 riesce a pubblicare Pop Crimes prima che la nera signora lo inviti al galà in suo onore il 30 dicembre dello stesso anno, appena due mesi dopo il suo cinquantesimo compleanno.

Rowland ci lascia donandoci un album d’addio toccante, testamento di un uomo vittima dei suoi eccessi, che sta cercando di venire a patti con l’idea della fine ineluttabile, di un musicista sensibile e profondamente romantico, tra i più interessanti ad aver attraversato gli anni 80, 90 e 2000. Al suo fianco in quest’ultimo giro di valzer ci sono l’amico immancabile Mick Harvey (ex Birthday Party, ex Crime & the City Solution, ex Bad Seeds) alla batteria ed all’organo, J.P. Shilo (dei Blackeyed Susans) al violino, basso, e chitarra nonché la cantante degli HTRK, Jonnine Standish che duetta con Rowland nel brano di apertura, quello che ci racconta di una ragazza chiamata Johnny, chissà, forse la stessa ragazza di cui cantavano i Waterboys nel loro omonimo primo album. “Pop Crimes”, “Shut me down” (già apparsa con diverso arrangiamento sull’album precedente Teenage Snuff Film), “Wayward Man”, “Ave Maria”, “The Golden Age Of Bloodshed” e naturalmente l’agrodolce “(I Know) A Girl Called Johnny” sono gemme oscure e bellissime, ma il biglietto d'addio di Rowland è custodito nelle due cover, diversissime per estrazione ma accomunate dal timbro dell’interpretazione (tanto da sembrare uscite dalla stessa penna di Rowly) e dai due titoli che non necessitano di commenti: "Life's What You Make It" dei Talk Talk e "Nothing" di Townes Van Zandt. Pop Crimes è un album struggente ed affascinante in cui la Fender Jaguar di Howard sferza i brani con la sua elettricità, sorretta da una solidissima sezione ritmica, destrutturando il blues ed il country e filtrandoli attraverso il post punk delle origini fino ad ottenere un distillato pregiato, scuro e denso, dolce e amaro, intossicante e catartico al tempo stesso, da gustare a lume di candela durante la veglia natalizia che quell’anno è un’attesa di morte anziché una profezia di nascita, mentre Rowland, alto e sottile, sale il sentiero polveroso del Golgota.

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