ONE LAST SIGH OF FAREWELL, GOODBYE
ovvero il tramonto sulla Londra dei Roxy Music

Ecco uno di quei dischi che con eloquenza mi piace chiamare Macchine del Tempo.

Con il lampo fiammeggiante di "Street Life" sono catapultato nella Londra del 1973, gruppi di ragazzi e ragazze corrono per strada sbattendomi in faccia lustrini paillettes e boa di piume, sbavandomi irrimediabilmente l'ombretto blu sulle palpebre. La libertà e l'eccesso sono le parole d'ordine, il sassofono di Andy McKay non mi invita, mi OBBLIGA a muovere il sedere al tempo delle deliranti voci di Bryan Ferry. Il falsetto in "Just Like You" è un dolce sussurro che contrastando con le distosioni del grandissimo Phil Manzanera dipinge un boulevard che mi porta ancora avanti nel tempo di qualche anno fino al funky di Amazona.
Sto ancora correndo su una strada che diventa acciottolata sotto i miei piedi e mi ritrovo nel Medioevo: entro in una chiesa e tutto si calma, mentre ascolto una preghiera per voce e pianoforte che avvolge il dolore e la disperata salvezza della mia anima. E' "Psalm", e pervade il mio spirito di vibrante divinità...

Ma è dopo una spumeggiante "Serenade" che arriva il vero capolavoro... con "A Song For Europe" non sono più a Londra ma in giro per tutta l'Europa e visioni del passato frustrano la mia pace dissolvendo davanti ai miei occhi un amore lontano come una fotografia sbiadita. Un canto lirico freddo, doloroso e angosciato mi accompagna da un caffè all'ombra di Notre Dame fino a Venezia, dove la gondola trasporta le mie ossessioni là a Roma.. sento l'esplosione di un orchestra e versi latini recitano la nostalgia di ricordi che si sciolgono nell'incanto... ma forse non mi sono mai spostato da quel caffè a Parigi lungo la Senna, e non riesco ad accettare che ciò che il tempo mi ha tolto è svanito come la potenza di questo sassofono straziato.

...Ma ecco che vengo teletrasportato di nuovo a Londra a cavallo del fulmine di Mother of Pearl ... quasi mi convinco che è meglio alzarsi e ballare per dimenticare il passato, quando mi accorgo che non è più il 1973 ma il 1873, sono alla corte di Oscar Wilde e un dandy un po' crooner un po' casanova canta scanditamente le deliziose raffinatezze della madreperla, incarnazione di una donna amata o di tutto ciò che è squisitamente ambiguo, proprio come nel riflesso del "Forse che sì forse che no" d'annunziano: "looking for love in a loooking glass world it's pretty hard to find".

...Fino a "Sunset", il tramonto metaforico per eccelenza: amore, ricordi, musica, viaggi nel tempo e nello spazio ma anche capacità che ha Ferry di stupire ed emozionare, tutto sta iniziando a svanire... è veramente l'addio, e il gruppo è consapevole di essere all' "end of my day, my decline"... l'ultima meta sembra una dissolvenza di un film hollywood degli anni '50, durante la quale sto camminando in controluce su un sentiero che mi porta ad Avalon...

Ora sono solo nella mia stanza e ho tra le mani "Stranded", l'ultimo disco dei Roxy Music, o almeno l'ultimo dei Roxy Music che fanno vibrare la realtà. La band inglese è solo al terzo album, e dal seguente Country Life in poi è solo decadenza, quella che forse il gruppo ha raccontato fin dallo sfolgorante inizio nel 1972.

Da "A Song For Europe":
"And here by the Seine Notre-Dame casts a long lonely shadow... There's no more time for us, nothing is there for us to share but yesterdays...
Ecce momenta, illa mirabilia quae captabit in aeternum memor... modo dolores sunt in dies, non est reliquum vero tantum comminicamus perdita.
Tous ces moments perdus dans l`enchantement qui ne reviendront jamais...
"

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