Disponibile dal 30 Aprile del 2021, “Typhoons” è la terza fatica in studio del power-duo britannico Royal Blood. Dico fatica, perchè sono completamente al corrente di quanto lavoro ed impiego di professionisti (e sottolineo, professionisti) sia stato necessario per perfezionare l’opera, e ciò risulterebbe evidente anche ad un primo ascolto un po’ distratto, poichè la qualità della produzione emerge in maniera cristallina fin da subito. Ma andrò dritto al punto, senza troppi fronzoli e giri di parole, di modo tale che si capisca subito che direzione intendo prendere: il disco non mi è arrivato, anzi.
Ed è un vero peccato, perchè l’ossatura dell’opera è stata costruita sapientemente e funziona abbastanza bene, non è affatto banale. Il basso iper-distorto e granitico di Mike Kerr, marchio di fabbrica del gruppo, è molto interessante, e lo stesso vale per il tappeto sonoro di synth creato attorno ad esso. Sotto questo punto di vista, si avverte un netto cambio di rotta rispetto ai due album precedenti, più diretti ed essenziali, che può essere visto, se si vuole, come un’evoluzione. Basti ascoltare la coda strumentale di “Million and One” per verificare quanto appena detto. Per quale motivo, allora, la mia valutazione è così bassa?
Vengo e mi spiego. La ragione fondamentale, è che tutto ciò che non ho elencato tra i lati positivi dell’opera è decisamente rivedibile. Il problema principale di ogni, letteralmente ogni, traccia è, ahimè, il connubio voce principale-cori, che ritengo davvero fuori luogo e a dir poco irritante. L’esempio più eclatante che mi viene in mente è “Mad Visions”, di gran lunga il pezzo più ripetitivo e mal riuscito, anche perchè in questo caso il fastidio percepito non è compensato pienamente dall’atmosfera creata attorno al brano. Anche i singoli “Limbo”, “Trouble’s Coming” e la title track “Typhoons”, nonostante presentino tutte un ritmo danzereccio, un riff solido e una notevole orecchiabilità (talmente notevole da conferire una nota troppo “pop”), non convincono al cento per cento, soprattutto per quanto riguarda la sezione vocale, a mio avviso poco consona al contesto, troppo pulita e del tutto priva di tensione.
Inoltre, l’opera è davvero ripetitiva, seppure i presupposti per portare a termine un lavoro variegato ci fossero ampiamente. Non a caso, fatta eccezione per la ballad piano-voce “All We Have Is Now” (poco degna di nota, ma in cui comunque il timbro vocale di Kerr trova un’inquadratura migliore), il pezzo che preferisco del disco è quello in cui il duo si allontana di più dal concept dell’album, ovvero “Boilermaker”, dai suoni più decisi e più vicini ai Royal Blood di “Figure It Out”, per intenderci. Passabile anche “Oblivion”, in cui la formula “alternative-dance”, seppur ricorrente, funziona e fa divertire.
Nel complesso “Typhoons”, con un pò di immaginazione, per quanto mi riguarda potrebbe essere stato tranquillamente concepito in seguito all’unione tra Dan Reynolds degli Imagine Dragons e dei Tigercubs non troppo ispirati, e non è un pregio, visto che gli Imagine Dragons hanno francamente rotto i coglioni. Volendo aggiungere un altro pizzico di onestà per concludere, il voto finale sarebbe anche due e mezzo su cinque, ma viene approssimato per difetto a due perchè non mi sento di dare una sufficienza a degli ottimi presupposti senza sostanza.
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