Cari utenti della comunità DeBaser, con questa prima recensione mi presento a voi, nella speranza di essere accolto con benevolenza: da tempo seguo "dietro le quinte" le vostre accorate e spesso divertenti dissertazioni musicali... Spero inoltre di non recare danno alcuno recensendo per primo l'ultima fatica di una tra le bands più amate da quasi tutti voi e non solo... Vi chiedo inoltre di visionare gentilmente la mia scheda personale qui riportata per comunicazioni di "servizio" che esulano da questa recensione..
Trattasi dunque di "Clockwork Angels" dei mitici Rush, formazione che non ha certo bisogno di presentazione e di cui seguo il "Viaggio" in tempo reale fin da "Power Windows". L'opera, per chi conosce il trio canadese, risulterà all'ascolto palesemente ispirata al primo ed al secondo periodo delle loro produzioni, "Signals" e "Moving Pictures" in primis, risultando comunque nel contempo fresca e moderna. Quello che spicca maggiormente è una certa maturità nella colorazione del timbro vocale di Geddy Lee, cosa probabilmente dovuta, oltre ad una sopraggiunta "maturità" fisica ad una precisa scelta stilistica di equalizzazione della voce in registrazione. La cosa è evidente in tutto l'album ma particolarmente nelle splendide "The Wreckers", che ricorda nello stile "Everyday Glory" come in "The Garden" che chiude l'album in maniera esemplare, includendo un inserto centrale di piano inedito per loro ed eseguito da Jason Sniderman, che li avvicina, a mio avviso, alle atmosfere di Peter Gabriel solista. In questi due brani le melodie vocali di Lee ricordano a tratti quelle di Nick Barrett, chitarrrista-cantante dei "colleghi" Pendragon, band progressive meno conosciuta che, se pur di qualità, risulta sicuramente meno tecnica ed originale del trio canadese. Inutile dire che in tutti i brani le parti di basso e di tastiere sono eseguite in maniera impeccabile da Lee come pure il solido e musicale drumming di Mr. Peart che, per l'occasione, rispolvera la carta vincente del concept album abbandonata con "2112" ed "Hemispheres", pietre miliari dell'hard-rock tutto. La storia, non ancora esaustivamente spiegata dall'autore, narra di un ragazzo che, attraverso i sogni, intrapprende un viaggio che lo portera' ad affrontare i problemi e le cose della vita attraverso vari personaggi, tra cui "Watchmaker", un'entita' che scandisce il tempo e gli impegni in rigide scadenze...(chiara metafora dei tempi moderni...).
"Dulcis in Fundo" veniamo al lavoro di chitarra di Mr. Lifeson, come sempre grande arrangiatore, che ritorna ad un lavoro già intrappreso con "Snakes and Arrows", meno effettistico e con una serie di validi assoli che per fortuna lo allontanano dalle sonorità, a mio parere, pretenziose del confusionario "Vapor Trails". Ottime come sempre le chitarre ritmiche e le acustiche; unico appunto per chi scrive, riguarda la scelta sonora e stilistica in alcuni assoli, come ad esempio in quello della già citata "The Garden" dove, nel tentativo di sporcare il suono e l'arrangiamento come nei suoi celebri assoli del passato, si cimenta in alcuni passaggi cromatici forse troppo dissonanti. Oltre alle già note ed ottime "Caravan" e "BU2B", singoli dell'ormai lontano 2010, spiccano la title track ed "Headlong Flight" che nei loro sette minuti di durata contengono bellissimi arrangiamenti che li riportano ai fasti di "The Camera Eye" e dintorni. Tutti i brani sono comunque di ottima fattura e senza caduta di stile. Menzione di riguardo per il lavoro orchestrale in alcuni brani del compositore canadese David Richard Campbell, per la co-produzione di Nick Rackulinecz e per il passaggio alla Roadrunner Records che ha prodotto egregiamente l'opera con una produzione degna del soggetto in questione.
Un grazie ad un certo Vittorio Nanni che recensendo brevemente il cd su Amazon mi ha fatto scoprire, non lo avevo ancora notato, che le lancette dell'orologio della splendida copertina, segnano le 21:12.... Un saluto particolare ad Antonio D'Este (utente della comunità), conoscente di lunga data e concittadino con il quale ho condiviso alcuni momenti delle mie prime esperienze musicali. Senza divagazioni ulteriori, voto massimo per questa nuova release dei "Rush" che non ci regalavano un album così bello almeno dai tempi di "Counterparts", dimostrando che nessuna difficoltà e nemmeno il passare del tempo possono inficiare il vero talento...
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