"Papà, che musica ascoltavi quando eri giovane?"

Una domanda innocente, che molti padri si sono sentiti rivolgere almeno una volta nella vita dai propri figli. Una reazione classica, la stessa per tutti: un sussulto, seguito da un sorriso rivolto al marmocchio curioso. Poi, di nascosto, come un pirata alla ricerca di un baule pieno di ori sepolto sotto terra, inizia la spedizione in solaio. Il baule in questione? Una vecchia scatola di cartone. Quello che c'è dentro? Vecchi vinili divorati dalla polvere e dal tempo, ma che rivelano tesori ben più preziosi dell'oro: i ricordi di un tempo spensierato e felice. I ricordi della propria giovinezza.

I Rush, nel 2004, hanno fatto questo: un tuffo nel mare della musica della loro adolescenza. In "Feedback" non troverete brani inediti dei canadesi, ma cover di brani famosissimi degli anni '60, ovvero di quando il blues iniziava a essere violentato dai giovinastri del tempo e che hanno lasciato un solco profondo nel modo di percepire la musica nel trio di Toronto.

Le cover in questione sono proposte in maniera fedele all'originale, non per dimostrare di saperle suonare meglio di chi le ha create ma, semplicemente, per non snaturarne il sound "sabbioso" dei brani in questione. E per tornare come quando, da ragazzini, suonavano le stesse note delle canzoni qui proposte in sgangherate cantine, sognando di essere quei musicista che tanto idolatravano e non sapendo che, a breve, sarebbero stati accostati a loro.

La prima foto estratta dall'album dei ricordi è "Summertime Blues" di Eddie Cochran (1958), uno dei veri primi devastatori del suono e poi ripreso da gruppi del calibro dei The Who, omaggiati dai Rush in questo Ep con "The Seeker".

Le pagine scorrono veloci, e spuntano altre immagini sbiadite dal tempo, ma che mettono i brividi a chi le guarda come se fosse la prima volta. Sono le inconfondibili note dei The Yardbirds a fare capolino, con brani del calibro di "Shapes of Things" e "Heart Full of Soul" - quest'ultima riproposta dal trio in maniera strepitosa.

I vinili cambiano, ma il mood rimane lo stesso: i Buffalo Springfield, band di Neil Young, ci mostrano con "Mr. Soul" e "For What It's Worth" che una rivoluzione culturale (e musicale) è alle porte, e niente sarà più come prima.

Signori, qui non posto per buone band, ma solo per la Crema del rock: lo spirito blues di Robert Johnson viene incendiato dalla chitarra elettrica di Clapton nella eterna "Crossroads", dove tocca ad Alex Lifeson cercare di non sfigurare al confronto di quei due mostri sacri delle sei corde e chiudere degnamente questo Ep.

Molti si chiederanno lo scopo di questo lavoro. E' riservato ai fan più accaniti del gruppo, certamente, ma in primo luogo è servito agli stessi Rush: con "Feedback", i musicisti canadesi torneranno in studio per la prima volta dopo la tragedia familiare abbattutasi su Neil Peart - che ha rischiato di far terminare la carriera del gruppo in maniera prematura - e permetterà di fare l'ennesima sorpresa al mondo del rock. Accolto come un ultimo saluto ai propri fan, grazie a questo piccolo dischetto il gruppo riuscirà a riscoprire un sound caldo, da vinile appunto, che poi troverà piena realizzazione in "Snakes & Arrows", ennesimo colpo messo a segno nella loro discografia e che aprirà una nuova era.

"Feedback" chiude una grossa parte della carriera trio canadese esattamente nello stesso modo in cui era cominciata nel 1974 - con una manciata di canzoni rock-blues. Per qualcuno potrà sembrare una scelta studiata a tavolino (e forse è così), ma a me piace pensare che sia stata una scelta di cuore. D'altronde si sa, gli amori di gioventù - molto più puri e veri di quelli della vita da adulti - non si scordano mai.

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