Ciò che rende particolarmente interessanti i Rush a chi li segue è l'evoluzione storica che il loro sound ha avuto. Forse perché è difficile trovare un'evoluzione simile in qualche altra band. Sebbene siano molti i gruppi che provano a modificare l'approccio durante la propria carriera sono invece ben pochi i gruppi che hanno addirittura cambiato più volte stile... E i Rush sono uno di questi... a loro non è bastato cambiare il modo di suonare, hanno voluto addirittura scegliere ogni volta uno stile rock che si adattasse ai gusti dei tempi... Così la band ha cominciato la carriera con lo stile hard rock che contraddistingueva band come Led Zeppelin e Cream... perché i primi seventies erano terreno fertile per quello stile. Poi si sono resi conto che terreno molto fertile era quello del progressive rock di band come Yes e Genesis... ed eccoli passare (forse un po' in ritardo) in una fase di stampo prog-rock con le strutture dei brani e le atmosfere che richiamano ampiamente quello stile. E negli anni '80? Secondo voi che cosa avrebbero potuto fare? Bravi, avete indovinato, la risposta è "quello che facevano un po' tutti"! Un stile vicino alla new wave britannica e soprattuto al synth pop in gran voga in quegli anni! E la cosa bella e strana è che mentre molte band che hanno tentato di deviare leggermente dal proprio sound caratteristico si sono dovute sorbire un mucchio di contestazioni che ad un certo punto diventano inevitabilmente insopportabili (vedi i Dream Theater, caso ormai clinico e patologico) i Rush invece non hanno subito più di tanto questa tortura, hanno saputo deviare di parecchio il loro stile tradizionale raccogliendo sempre alti consensi dalla maggior parte dei fans e a rilasciare comunque album ritenuti "capolavori".
E così negli anni '80 i Rush si trovano praticamente avvolti dal vortice dell'elettronica fortemente in voga in quegli anni, dimenticando, come se non le avessero mai avute, le radici hard rock delle origini e le complesse strutture prog di fine '70 (sempre mantenendo però una certa attitudine alla sperimentazione).
La svolta, probabilmente già anticipata da "Moving Pictures" dove però vi era ancora una certa matrice progressive nelle strutture, si attuata definitivamente con "Signals" dove numerose canzoni vedevano una prevalenza del sintetizzatore mai così evidente. Nel 1984 è la volta di "Grace Under Pressure" che addirittura estremizza queste caratteristiche, tanto da far sembrare davvero i Rush una qualsiasi band degli eighties (ma senza mettere mai in dubbio la loro personaliltà)... Stavolta si aggiunge una particolare componente funky, che forse mancava in "Signals", scandita dalla chitarra ritmica di Alex Lifeson e dal basso di Geddy Lee che contribuisce a dare un sound ancor più inerente ai ritmi della musica dei tempi; e dall'altra parte il lavoro dei sintetizzatori è di marca più ampiamente elettro-pop: ecco i Rush degli '80 sintetizzati in poche parole (visto che il periodo synth continuerà anche con "Power Windows" e "Hold Your Fire").
Le prime due tracce sono già un esempio di quanto detto: "Distance Early Warning" e "Afterimage" sono due canzoni dalla caratteristica vivacità dove la ritmica e il suono elettronico del synth ci immergono in quella calda atmosfera festosa ottantiana. "Red Sector A" colpisce con quel suo drumming tipicamente dance e quel background elettronico sempre molto corposo e ritmato! Colpisce nel segno anche la successiva "The Enemy Within", brano dalla vocazione quasi disco con la chitarra quasi in stile ska/reggae. Niente male anche la successiva "The Body Electric" sempre in grado di mantenere una buona vivacità, più sottotono la successiva "Kid Gloves" con la chitarra più in primo piano, un ritmo punkeggiante e i synth meno incisivi. Da brivido invece la penultima "Red Lenses", la mia preferita, con quelle atmofere particolarmente oscure, quelle linee di basso di un Geddy Lee impeccabile e quei synth a creare un'atmosfera quasi surreale che si perde nel buio e nel chaos della notte! Peccato che non venga mai citata fra i brani migliori del disco e fidatevi merita! Bella anche la conclusiva "Between The Weels" dove i distorti synth sono sempre più in primo piano, ispirati come mai prima in un'atmosfera sempre molto da "One Shot"!
Un album energico, frizzante, carico questo "Grace Under Pressure"! Ancora una volta a testimoniare una band che qualsiasi cosa produce, in qualsiasi modo, azzecca inevitabilmente il colpo. Da avere, come tutta la discografia del trio!
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