Con quale approccio dovrei arrivare a descrivere uno dei più grandi capolavori che il rock ci abbia mai offerto finora? Sicuramente con un bel tocco di lucidità e freschezza mentale.
"Moving Pictures" rappresenta sicuramente uno degli apici della carriera di questo favoloso trio rock canadese e di fronte ad esso non si può far altro che inchinarsi. Bastano 7 canzoni per mostrare tutta la creatività a cui ci avevano abituati negli anni precedenti. Un album chiaramente ispirato al classico rock anni '80. Siamo lontani dalla potenza dell'hard rock dei dischi precedenti e probabilmente anche dalla folta vena progressive di fine anni '70, i Rush propongono canzoni sicuramente brevi ed accessibili ma senza rinunciare alle strutture complesse e alla sperimentazione che li aveva caratterizzati in passato e li caratterizzerà negli anni successivi.
L'opening "Tom Sawyer" alterna riff di chitarra puliti e diretti a sperimentazioni elettroniche, regalandoci un bel giro di synth nella parte centrale ed un bel solo di Lifeson, senza dimenticare l'ottimo drumming di Neil Peart. "Red Barchetta" ha un sound decisamente on the road: dopo l'intro con tastiere e armonici basso-chitarra il brano s'inarca su una direzione sul rock classico anni '80 con chitarre sognanti e ritmo scorrevole; lifeson non risparmia un assolo, il finale è simile all'inizio. E si arriva alla strumentale "YYZ", in cui i Rush dimostrano di essere ancora legati alle complesse strutture prog; è proprio qui che emerge veramente la classe dei tre musicisti: 4 minuti e 24 secondi in compagnia della tecnica di Lifeson e Lee e dei giochetti di Peart slla batteria... e qualche spruzzata col synth prima del riff finale. "Limelight" è invece un brano più radiofonico e immediato ma comunque suonato con gran determinazione. E "The Camera Eye", con i suoi oltre 10 minuti conferma che la vena prog dei Rush non è del tutto tramontata: l'inizio infatti è all'insegna della sperimentazione pura grazie ai pregevoli sintetizzatori suonati magistralmente da Geddy Lee; tuttavia il resto del brano segue la strada classic rock intrapresa nelle altre tracce senza però dimenticare i sintetizzatori.
Altro capitolo decisamente più sperimentale è "Witch Hunt": intro decisamente fantasy ben eseguita dalle tastiere, poi si passa da strofe all'insegna delle chitarre ritmiche di Lifeson a ritornelli contrassegnati dalla potenza dei synth, stavolta molto più massicci rispetto alle altre tracce. E chiudiamo con "Vital Signs" un lussuoso anticipo di quello che i Rush ci regaleranno negli anni a venire: brano dal peculiare reggae-rock in stile Police, influenzato dall'elettronica.
E allora... buon ascolto con "Moving Pictures"!
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