Ecco che i Rush entrano nella fase più elettronica della loro carriera con questo strepitoso lavoro. Dopo gli anni dell'hard rock e delle complesse strutture di chiaro orientamento prog i tre canadesi volanti decidono di adeguarsi alle mode musicali dei favolosi anni '80. E lo fanno con una grande impennata d'orgoglio. Decidono così di potenziare al massimo i loro sintetizzatori e di dare alla chitarre un'impronta più ritmica e meno aggressiva. Mai in precedenza avevamo visto gli strumenti elettronici prevalere sulle chitarre in un modo simile. Una svolta che per chi li aveva amati per la potenza dell'hard rock che ci avevano regalato in passato potrebbe risultare addirittura una profonda caduta in basso. Ma chi ama veramente i Rush deve essere sicuramente un fan sempre pronto alle sorprese che il gruppo può riservare nonché essere molto aperto alle innovazioni, anche le più frequenti.

Subito con "Suvbdivisions" abbiamo già una mezza idea di cosa quest'album ci riserva; un pezzo che potremmo definire "keyboard-oriented" per via del suo tastierismo massiccio e di un Lifeson un po' oscurato; a mio avviso il brano che anticipa "Jump" dei Van Halen. Più chitarristica invece la n° 2 "The Analog Kid" ma con le tastiere sempre ben presenti. Altro brano con le tastiere in gran spolvero è "Chemestry" anche se Lifeson non tradisce con alcuni buoni giri di chitarra. In "Digital Man", invece, molto più spazio a Lifeson e agli eccellenti giri di basso di Lee anche se i synth continuano a non demordere (per fortuna). Il mio capolavoro personale è però "The Weapon": il ritmo strizza quasi l'occhio alla disco-music di quegli anni e le sperimentazioni elettroniche raggiungono veramente il loro apice grazie a riff che per un pelo non sfiorano la techno. Più veloce e frizzante la n° 6 "The New World Man" con Lifeson che pur usufruendo di basi elettroniche finalmente può dare sfogo alla sua carica. Malinconica e forse un po' triste la n° 7 "Losing It" con giri di synth in grado di far commuovere gli occhi più emotivi e pregevoli tocchi di violino e un buon solo di Lifeson. Piacevole anche la sperimentale "Countdown" con un intro alquanto spaziale e bellissimi giri con i synth.

Eh sì, i Rush sono anche questi. Lo sono stati quasi per un intero decennio. Eppure sono riusciti a regalare proprio in un periodo in cui anche le tendenze musicali soffrivano di consumismo delle autentiche perle. Grandi Rush davvero!

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