Il secondo episodio del "trip metallico" dei Rush anni 90 è questo "Test for echo". È la naturale prosecuzione del precedente "Counterparts", sebbene il livello medio dei brani presenti sia livemente inferiore.
L'inizio infatti, con il brano che dà il titolo all'album, non mi sembra dei più riusciti: riffs "spinti", alternati da pause arpeggiate (ben lontane da quelle, magiche, degli anni 70) , e la linea vocale di Geddy Lee che, per cantare strofe di lunghezza non facilmente gestibile, finisce per essere piatta e poco fluente. La successiva "Driven" si fa decisamente preferire, introdotta dal solito riff ultra-heavy tipico di questa fase della loro carriera, ma più immediata e coinvolgente, con azzeccati stacchi acustici. I due successivi pezzi "Half the world" e "The color of right" sono piacevoli, ma di sicuro non passeranno alla storia. Di ben altra pasta "Time and motion", il brano che maggiormente ci ricorda i Rush storici: una atmosfera cupa e misteriosa, con una struttura musicale che potrei descrivere come "una suite di progressive rock sintetizzata in cinque minuti". Grande pezzo.
Belle le ariose aperture melodiche (in un contesto comunque di puro hard rock) di "Totem", mentre "Dog years" è praticamente heavy metal , ma di buona fattura. La successiva "Virtuality" invece si candida come uno dei peggiori brani di sempre dei Rush: sembra persino impossibile che l'abbiano scritto gli stessi autori di "Red Barchetta". Ci si riprende ampiamente con i tre pezzi finali: la prima "Resist" è un bellissimo brano melodico (ma non una vera e propria ballata) che evoca spazi sconfinati, "Limbo" è uno strumentale atipico, con squarci di solenni tastiere, accelerazioni e bruschi stop sottolineati dagli armonici della chitarra di Lifeson, e infine "Carve away the stone" potente e raffinata nello stesso tempo.
"Test for echo" dunque preso in sè e per sè è un disco di buona qualità, da apprezzare però dopo molti ascolti. La prima volta che l'ho ascoltato l'avrei buttato dalla finestra, ma è comprensibile, d'altronde li ho conosciuti nel 1981 con "Moving pictures". È come fare l'amore per la prima volta con Miss Universo; è chiaro che tutte le altre successive "subiscono il paragone". . .
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