Bel sito, DeBaser: è frequentato da bella gente (a volte anche meno che bella...) come ebbi a dire tempo fa; mi appassionano le polemiche e le discussioni scatenate da alcune recensioni, così come quelle nate per caso, che non hanno nulla a che fare con le opere prese in esame.
Mi piace il fatto che venga data voce a tutti: ignoranti e letterati, umili e supponenti, dotti e saccenti, saltimbanchi e mangiatori di fave, ognuno dice la sua, ed alla fine il velo che separa torto e ragione è talmente sottile che non si capisce più da che parte si sta, e l'importante non è raggiungere una conclusione, uno statement finale, ma continuare a discutere, rece dopo rece, pagina dopo pagina.
Ecco, amici, ciò che voglio offrirvi oggi è proprio uno spunto per discutere.
Perchè, volendo continuare ad essere parte di questa community, dovrei continuare a sorbirmi senza batter ciglio le Vostre eminentissime ed equilibratissime recensioni di immani e per lo più introvabili capolavori di post-doom-noise-electro-emo-folktronica?
Perchè dovrei sentirmi più ignorante di di quanto non sono già, giusto perchè mi viene sugggerito che se non "capisco" un tal disco non so cosa sia la buona musica?
Perchè molti (tanti) di voi parlano di dischi che usciranno solo dopo mesi come se li avessero composti e suonati loro stessi, ed altri in coro rispondono "bello, me lo procuro!" sapendo di inneggiare al download più o meno legale, ed ammassando così centinaia di files che non saranno mai ascoltati come meritano?
Bene, la mia risposta a tutto questo è "48 Hours".
Un disco che non esiste come entità fisica, come supporto riproducibile, ma esiste nella rete, o meglio nel web... Perchè "web" rende meglio l'idea di qualcosa che ti cattura e non ti lascia andare, proprio come per "spiderweb", la "tela del ragno", nella quale rimaniamo invischiati senza rendercene conto, e che ci sottrae tempo prezioso col nostro consenso, e non ce lo restituisce più.
Il "web" però ci regala barlumi di speranza, lampi di gioia e talvolta gioelli, come questo disco, (per ora) reietto dal suo stesso creatore; dico "per ora" perchè pare che nel famigerato box di prossima uscita Ryan includerà il disco insieme ad altre rarità. Conoscendo il tipo, però, non darei niente per scontato.
Ai fan del wonderboy americano alcuni tra titoli qui inclusi suoneranno molto familiari: "Desire", "Hallelujah" e "Chin Up, Cheer Up" erano inclusi nella raccolta di demo "Demolition" e qui (a parte la prima) non sono nemmeno i brani migliori del lotto; per quello dovrete rivolgervi alla delicata e folkeggiante "Karina", alla movimentata "Angelina" (invero molto simile alla menzionata "Hallelujah") ed alla tormentata "Born Yesterday", che Ryan canta con trasporto come fosse un blues.
"Walls" mi ha fatto pensare a come sarebbe cantata da Springsteen, e mi ricorda certe cose di "Devils and Dust"; anche la nota "Desire" evoca lo spirito del Boss grazie all'armonica ed alla struggente melodia.
"Drunk & Fucked Up (Like The Twilight)" è una delle più belle canzoni partorite da Ryan Adams, dotata di un ritornello da antologia accompagnato da mandolino e chitarra struggenti, con un testo che parla di spettacolari ciucche e notti insonni passate a strafarsi aspettando l'alba.
Il resto del disco si muove tra umori country-rock e chitarre slide, con tempi e ritmi mediamente tranquilli, ma la qualità rimane altissima, tanto da far pensare a che cosa può aver spinto Ryan o la sua casa discografica a non pubblicare ufficialmente un disco che figurerebbe sicuramente sul podio delle sue opere migliori.
Ora, amici Debaseriani, a voi decidere se sono solo un caso umano senza speranza, oppure se ho reso un buon servizio a tutti voi presentandovi quello che, secondo me, è il "Great White Wonder" degli anni 2000.
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