Diciamolo pure: che palle!

I prodi guerrieri svedesi Sabaton, giunti al quarto album con questo "The Art Of War" incidono l'ennesimo disco di mazzate cavalleresche, guerra, epicità e tanto ma tanto amore per i Manowar, Grave Digger era "Excalibur" e i primi guerrafondai Blind Guardian.

Musicalmente parlando ci troviamo di fronte ad un prodotto in pieno stile new wave anni ottanta, nel quale si odono i soliti cori epici, le solite cavalcate epiche, i soliti riff epici e le solite cose che ai fan dell'heavy metal più epico e Manowaresco non potrà far altro che far gioire e saltar dalla sedia.

Il disco, tuttavia, non è male ed è questa la cosa che più mi fa incapperare. Ad onor del vero, una band che ha la capacità di proporre qualcosa di dinamico, divertente, bello, incazzato al punto giusto, melodico e..... tanto ma tanto heavy, perché deve perdersi nel pacchiano e nello scontato, con i soliti riff rocciosi e i soliti assoli al fulmicotone, veloci fin quanto basta, melodici e sempre taglienti. Non deve! E, sempre rigorosamente, senza uscire fuori dagli schemi.

E se in "Firestorm" udiremo ".... DIe, Die..!!!" non dovremmo, poi, meravigliarci così tanto, perché questa sarà la cosa più naturale del mondo.

Song come l'opener meritano davvero tutto l'oro del mondo, così come le smisurate dosi di epicità di "Ghost Divisinon" e "Umbreakable" che si rivelano canzoni davvero vincenti con i giusti ingredienti dosati al puto giusto.

Ma la domanda è: dove sono le palle? Perché dobbiamo sorbirci nel 2008 l'ennesimo gruppo, preparato tecnicamente, molto bravo (e su questo non si discute) che ci fornisce una proposta musicale trita e ritrita da tantissimi altri gruppi musicali senza neppure un briciolo di novità? Anche se si va a scomodare in "Ciffs of Gallipoli" sua maestà John Oliva ed i suoi Savatage con un refrain che, praticamente, è un copia-incolla di "Edge Of Thorns" a me, questo disco, non va.

Ritornando al principio: che palle!

Bravi i Sabaton, saranno pure maturati (in quattro album era d'obbligo) ma sembrano i Manowar e assieme alle altre bands su citate dei poveri che sapranno coinvolgere tutti gli amanti del power metal e dell'heavy in genere ma che non diranno un benamato cappero chiodato a chi, all'interno del metal e della musica in generale, cerca un briciolo di novità.

Un disco da ascoltare ma da rinchiudere nel cassetto dopo il primo paio di ascolti. Un peccato, davvero.

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