Che la musica sia una di quelle piante che possano attecchire in qualsiasi parte del mondo ed a qualsiasi latitudine e longitudine è ampiamente dimostrabile ascoltando "Above the Light" dei Genovesi Sadist.
Negli anni '90, sull' onda di entusiasmi troppo facili giustificati dal miraggio di dollaroni piovuti dal cielo, i produttori musicali di mezzo globo terracqueo (Su tutti la zona di Tampa in Florida e la Penisola Scandinava) sfornavano come pagnotelle calde presunti gruppi che si innalzavano e si erigevano a baluardi inespugnabili del Death Metal moderno, più progressivo ed innovativo che la storia del genere potesse raccontare.
Intendiamoci bene, da quell' orda barbarica di truci individui in pelle e borchie con barbone e cappelloni da far impallidere Attila sarebbero poi usciti nomi del calibro di Cynic, Pestilence, Morbid Angel, Nocturnus, Atheist, Carcass, Enthombed. Tutti maestri del genere, tutti musicisti molto preparati, tutti con sponsor e promozioni di primordine, sale di incisione e produzioni, che avrebbero fatto anche invidia a quei 5 calamaretti dei Take That.
Proprio in quei lontani (ahimè!) anni '90 sorgeva all'ombra della Lanterna di Genova un gruppo che data la conformità della nostra bella regione Liguria, incastrata tra mare e cime innevate, sarebbe dovuto rimanere nell'anonimato e nell' oscurità più profonda. Problemi ambientali, problemi strutturali non sembravano però far troppa paura a quei 3 ragazzotti di buona volontà che nel 1993 sotto il nome di Sadist diedero alla luce un disco che ancora ad oggi a distanza di quasi 20 anni è da considerarsi una parte fondamentale se non indispensabile a livello mondiale di quello che poi sarà ai giorni nostri il cosidetto "Melodic Death Metal".
Quale miglior apertura se non il rumore del mare ed i gabbiani che a noi genovesi sono così cari e così familiari?
Bravi anche in questo i Sadist, a non perdere mai di vista la creatività che negli intro Metal era diventata la routine più scontata... Un organo, una voce demoniaca di contorno, catene, passi su travi di legno marcie... eh che palle! L' ottima "Nadir" è il giusto antipasto (di acciughe naturalmente) a ciò che verrà.
Riff di chitarra poderosi, voce growl che sembra arrivare dall' oltretomba di Staglieno (il cimitero di Genova per chi non lo sapesse..), pezzi sinfonici e classichegginti di una freschezza e di una armonia impareggiabile, fanno si che l' album non perda mai di interesse e scorra liscio e pulito.
Inserti di tastiera orrorifici alla Goblin, rallentamenti degni dei miglior gruppi di metal classico e furiose accelerazioni fanno si che canzoni come "Enslaver of lies, "Brethin cancer", "sometimes they come back" entrino di diritto nella all of fame della musica del demonio.
Datemi retta ragazzi, il Death metal moderno non è nato nelle desolate lande della Svezia o in qualche studio miliardario della Florida... Aveva il sapore del pesto fresco e di un buon bicchiere di Vermentino.
Gli Dei del Metallo quel giorno hanno guardato verso il Golfo e hanno fatto si che Tommy, Peso e Andy ci regalassero quello che la LIguria, in campo musicale, non pensava potesse essere mai contemplato.
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