Non è metal canonico quello che ascolterete con il primo e migliore album degli elvetici Sadness. Niente assoloni, niente tecnicismi o altre trovate ma nemmeno la velocità spaccaossa di generi come il Grind/Death/Black.

Cosa di preciso proponevano i nostri, ve lo scrivo con franchezza, non è ben definibile.

Ex roadies dei Celtic Frost, pesantemente influenzati dalla loro musica (e dal mitico "Into The Pandemonium”), i ragazzi dimostrano anche una certa attitudine "satanica" alla Bathory. Intendo quelli meno veloci e maggiormente cupi. Ciò che però colpisce, e stordisce, è l'evidente tributo pagato dalla band nei confronti di formazioni New Wave come Joy Division, Bauhaus e Christian Death.

Solitamente non amo il crossover tra Darkwave e Metal estremo. Troppi sono stati i casi di autentiche pacchianate strappalacrime. Ma non disperate: qui siamo lontani anni luce da chi ha voluto trasporre il suono dei Dead Can Dance in terra metallica (penso a gruppi scoppiati come Theatre of Tragedy) o quello dei Nephilim (Moonspell e Tiamat su tutti).

Qui ci troviamo in una terra incontaminata, fatta di bellezza notturna. Un suolo vergine dove generi apparentemente così distanti riescono a tenersi per mano.

In “Ames De Marbre” la tristezza è sentita in ogni singola nota e ben si sposa con le saltuarie accelerazioni metal. La voce non è scream ma nemmeno melodica. Forse un genuino grido di dolore che, di tanto in tanto, punta su tonalità basse e perfino recitate. Sono anche presenti vocalizzi femminili che riescono ad imprimere al tutto un timbro molto simile a quello di “Into The Pandemonium” dei già menzionati, e non a caso, Celtic Frost.

Dopo “Ames De Marbre” seguiranno due capitoli non molto convincente e poi la triste fine di una band che, credetemi, con un solo album è riuscita a dire molto ma anche a mandare a quel paese tutte le “gothic chiaviche” ben note ai più.

Un ascolto obbligatorio.

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