A valle dei lusinghieri riscontri commerciali raggiunti con "Worlds Apart" (1981) e "Heads or Tales" (1983), si vennero a creare due distinte fazioni all'interno dei Saga: cantante, chitarrista e bassista erano più che mai convinti nel proseguire l'affrancamento dalle origini progressive, istintive e virtuose della formazione, per un avvicinamento consapevole a suoni e stili graditi alle masse, a costo di accantonare parte della personalità, dell'estro, della ricercatezza innata nella formazione.

Il tastierista Jim Gilmour ed il batterista Steve Negus a questo punto gettano la spugna, "Behaviour" non fa in tempo ad essere pubblicato (1985) che si registra il loro (abbastanza) amichevole abbandono. Probabile pietra dello scandalo potrebbe essere stata anche la scelta del nuovo produttore, caduta su quel Peter Walsh reduce da collaborazioni con Simple Minds, Boomtown Rats e molti altri bei nomi del pop inglese da classifica.

Le premesse per un lavoro poco ispirato, defilato, di mantenimento, di dimessa chiusura di un ciclo ci sono tutte: non è così a mio parere... il disco (mi) sorprende invece con un suono splendido (per quegli anni), profondo e ricco, elegante ma non stucchevole. La scrittura delle melodie ha dei picchi sontuosi e Michael Sadler non ha mai cantato meglio. Gilmour azzera del tutto gli assoli, però i suoni delle tastiere (sue o di Sadler o del bassista Jim Chricton... nei Saga sono in tre a mettere le mani sui tasti bianchi e neri) sono ammalianti. Ian Chricton viene pilotato dal produttore verso assoli di chitarra più brevi e melodici, poche note ma buone insomma, soprassedendo alle tipiche sue mitragliate da virtuoso. Ne risulta un'accentuazione sia nell'espressività che nella fantasia melodica: interventi e parti soliste di chitarra in questo disco sono fantastici.

Sono opinioni personali naturalmente, che hanno a che fare innanzitutto col mio precipuo gusto di ascoltatore. Nella ventina di dischi di studio finora pubblicata in trentadue anni, i Saga hanno via via mischiato in maniera diversa gli ingredienti di base (progressive, hard rock, pop, funk, folk britannico, persino alternative in un'occasione) ed ecco allora che la miscela trovata in "Behaviour" tocca evidentemente una speciale corda interna, una mia ideale forma di melange fra accessibilità e ispirazione, melodia ed enfasi rock, orecchiabilità e brillantezza strumentale.

Le mie canzoni preferite (in assoluto fra le duecento e più pubblicate dai Saga... non solo di quest'album, per quanto detto prima) sono, in ordine di apparizione, la seconda traccia "Take a Chance", la sesta "You and the Night" e la successiva "Out of the Shadows".

"Take a Chance" caracolla colma di personalità, ispirata da una bella intuizione ritmica di Steve Negus, geniale nella sua semplicità: l'inusuale ed elegante groove con la cassa prima in battere e poi in levare marchia indelebilmente il pezzo, sul quale si stendono e si incrociano le invocazioni di Sadler, le scariche fulminanti della solista di Chricton, le assolvenze e i rintocchi delle mille tastiere di Gilmour.

"You and the Night" soddisfa il lato più romantico e ruffiano (ma con classe) degli estimatori della formazione: assolvenze lunghissime di sintetizzatori creano un avviluppante tappeto sonoro, prima libero e poi cadenzato e arricchito dal crescendo di percussioni. Sadler e poi Ian Chricton prendono a navigare ipermelodicamente in questa onda lunga e notturna, il primo intonando il suo testo d'amore, il secondo facendo cantare il suo strumento, saturo di distorsioni rotonde e perfettamente controllate.

"Out of the Shadows" attacca in maniera strepitosa con potenti scariche di chitarra seguite da una linea vocale ampia e tesa, veramente riuscita. Primi due/tre minuti magici, purtroppo poi ci si perde un po' per strada, col gruppo che si incarta infilandosi in una coda dimessa e poco riuscita, a mio giudizio perché non è riuscito a organizzare un ponte, una modulazione armonica indispensabile per far "respirare" il pezzo e rinnovare nell'ascoltatore la voglia di risentire gli accordi iniziali. L'assolo di chitarra è micidiale più che mai, col plettro di Chricton che, grazie alle valvole dell'ampli completamente saturate, estrae mille sopratoni ed armonici dalle corde, colpite senza pietà e "lavorate" alla grande dalle dita e dalla leva del vibrato.

Il piccolo e talentuoso chitarrista scorrazza al meglio anche in altri episodi del disco, ad esempio l'assolo guizzante in uscita di "Promises", un up-tempo perfetto e quello, stavolta centrale, di "What Do I Know" scelta allora come singolo + video, dalle fortune più che discrete rispettivamente nei negozi e su MTV, tanto da far superare a "Behaviour" le vendite del precedente "Heads or Tales". Ad affiancare Sadler ed aumentare l'appeal commerciale del brano vi sono pure gorgheggi femminili, appannaggio della cantante (canadese anch'essa) Sharon Benson. Mah, reputo questo brano uno dei meno riusciti del lotto... la voce di Sadler ad esempio ha tutt'altro sapore nella finale "Once Upon A Time", con un bel testo sulla perdita dell'innocenza, cantato col cuore in mano.

Al sesto album i Saga si confermano alla grande, flirtando con il pop ma con moderazione e soprattutto stile, affinando cioè capacità di scrittura, sintesi esecutiva, bontà di suono ed eleganza. Ma senza riuscire a sfondare definitivamente (come invece fanno nel mio cuore, d'altronde già abbondantemente predisposto). Il mondo era a quel tempo ai piedi di Michael Jackson e di "Thriller". Bah.

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