Di band con una lunga carriera alle spalle ma decisamente poco nominate ce n'è a bizzeffe. Fra queste non si può assolutamente non citare gli immensi Saga. Band canadese attiva fin dai tardi anni '70 ma quasi sconosciuta al mondo se non in pochi paesi in cui invece hanno un notevole seguito e hanno venduto parecchio, Germania su tutti, e comunque spesso sottovalutata anche a livello settoriale dagli ascoltatori di fede AOR e prog.
Attratto forse dal nome intrigante e dal logo molto epico che dà decisamente nell'occhio mi decisi ad avventurarmi nella loro discografia nel 2010 circa... fu amore in tempi abbastanza brevi. Quel che mi colpì fu soprattutto il loro sound pesantemente tastieristico dai connotati molto freddi, notturni e futuristici (evidenti soprattutto nelle produzioni del primo decennio) ma anche il loro stare perfettamente a metà strada fra le melodie brillanti ed orecchiabili dell'AOR e le soluzioni strumentali e melodiche del progressive. Non in ultimo fui colpito dall'evoluzione della band negli anni: dal synth rock acido e vagamente sci-fi dei primi lavori alle contaminazioni new wave ed ottantiane dei lavori anni '80, passando per l'incerto periodo anni '90 (con la ciofeca di "Steel Umbrellas" e il fallimentare esperimento post-grunge di "Pleasure and The Pain" ma anche lavori notevoli come l'hard rock-oriented "The Security of Illusion" e il teatrale concept di vero neo-prog "Generation 13") fino al puro ibrido hard rock/AOR più moderno del nuovo millennio. Insomma nel giro di poco tempo questa band è diventata addirittura una delle mie preferite!
Merita di essere menzionato il collega debaseriano Pier Paolo Farina, che ha fornito un'accurata descrizione della discografia e del cammino di questa straordinaria band.
Nel 2014 è uscito il loro ventunesimo album in studio e devo ammetterlo: mi ha sorpreso. Eh sì, perché sebbene la band abbia seguito un'interessante evoluzione nel corso degli anni, con l'ingresso nel nuovo millennio quest'evoluzione è andata un po' scemando: la band si è abbonata ad un moderno hard rock/AOR con un pizzico di prog proponendo dischi sempre ottimi ma senza più di tanto cambiare le coordinate. "Sagacity" invece, sebbene non sia un disco del tutto rivoluzionario, svecchia indubbiamente la produzione recente della band dandole nuova linfa, riprendendo sì le coordinate degli album precedenti ma aggiungendo idee seriamente più nuove come non accadeva ormai da più di dieci anni. Merito di una maggior libertà compositiva, di un maggior dinamismo strumentale e una più marcata influenza prog ma soprattutto del brillante lavoro tastieristico di Jim Gilmour (che probabilmente deve pagare lo scotto di portare un cognome così pesante), vario come negli anni d'oro. Già le parole del vocalist e frontman Michael Sadler - al suo secondo disco dopo il suo rientro nella band - mi avevano fatto ben sperare: egli lo anticipò come un disco che conferma le sonorità più recenti ma riprende alcuni elementi dei vecchi Saga e allo stesso tempo guarda al futuro. Effettivamente ci troviamo davvero di fronte ad un crocevia fra passato, presente e futuro della band.
Già la prima traccia dell'album nonché singolo apripista "Let It Slide" è qualcosa di incredibile: Taglienti passaggi di chitarra alternati ad altri più raffinati ed una parte strumentale insolitamente dilungata dove chitarre e tastiere dialogano alla perfezione come ai vecchi tempi; da notare come Gilmour ci infili dentro alcuni pesanti effetti alquanto spiazzanti dal sapore quasi industrial. Ma è solo l'inizio. La seconda traccia "Vital Signs" continua a sorprendere ancora una volta con particolari suoni di tastiera, molto spigolosi ed insoliti, alternati ancora una volta da riff di stampo hard rock e ritmiche irregolari. "It Doesn't Matter (Who You Are)" invece non fa balzare più di tanto dalla sedia anche se sono da menzionare gli assoli di chitarra: Ian Crichton si conferma un chitarrista alquanto sottovalutato (in un commento su YouTube figurava addirittura un paragone con Van Halen), ad ulteriore dimostrazione del fatto che la/e classifica/he di Rolling Stone è/sono attendibile/i quanto l'oroscopo di Paolo Fox (vi figura perfino Kurt Cobain e pure al di sopra di diversi mostri sacri...).
Ed ecco il brano più apertamente prog del disco, "Go With the Flow", molto dinamico per il loro standard e pressoché libero dalla forma canzone, vario nelle ritmiche, propiziate dall'esordiente (almeno su disco) Mike Thorne e sempre in bilico fra riffoni hard rock, assoli ed unisoni... in più offre dei lunghi e brillanti fraseggi di chitarra acustica che potrebbero addirittura rimandare agli Yes! Arriva così la delicata e ironica "Press 9" basata su un corposo tappeto di tastiere su cui ancora una volta suonano lunghi fraseggi acustici. E così arriva un altro brano che spiazza al primo ascolto: è "Wake Up", costruita su un riff elettronico ripetuto e da un ritmo incalzante, con in più i riff più che mai pesanti di chitarra e synth che intervengono nel ritornello; un'insolita incursione nella techno, nell'elettronica quasi da rave party, nell'indie, nell'industrial, siamo quasi a metà fra Primal Scream e Nine Inch Nails con sonorità però rielaborate ad hoc; personalmente per via del suo ritmo ossessivo e dei suoi riff distorti mi ha fatto subito venire in mente "Hyperactive" dei Riverside, anche se il brano a cui assomiglia di più è probabilmente "Nothing at Best" dei Pineapple Thief; anche questo è il tipico brano che viene subito criticato e definito pacchiano ma sapete benissimo che su di me questo tipo di composizioni non fanno lo stesso effetto, anzi sono sempre quello che le difende.
"Don't Forget to Breathe" è meno sorprendente anche se tuttavia risultano azzeccati gli innesti di tastiere e il suono utilizzato nell'unisono con la chitarra mentre "The Further You Go" lo piazzo probabilmente nella top 4 del disco; merito ancora una volta delle tastiere: belli i riff elettronici delle strofe peraltro accompagnati da spigolosi arpeggi di chitarra, da brivido il graffiante riverbero utilizzato subito dopo, nonché i "ticchettii" che lo seguono, che assomigliano grossomodo a quelli presenti nel finale di "A Tension of Souls" dei Threshold.
"On My Way" è invece il miglior brano non tanto dal punto di vista creativo quanto per quanto riguarda la melodia; decisivo a tal senso il lavoro della chitarra; tuttavia anche qui vi è un brillante esempio di come l'influenza prog sia evidente; il brano infatti presenta un bel minuto di intro atmosferica, con un corposo tappeto di tastiera poi sopraggiunto da bellissimi suoni in loop che precedono l'attacco, e vi è anche una moderata sezione strumentale che riporta i Saga ancora una volta ai vecchi tempi: assolo di tastiera, assolo di chitarra e poi dei bellissimi duetti fra i due in un'accelerazione che potrebbe ricordare quelle già udite in classiconi come "Humble Stance" e "The Pitchman".
"No Two Sides" è abbastanza lineare e meno geniale ma sono da menzionare i "colpi" acidi e pesanti dei synth nel ritornello. "Luck" alterna i pesanti synth ed effetti del ritornello, con evidenti riferimenti ai Saga dei primissimi album, ai suoni delicati quasi carillon-like delle strofe. Sorprende anche la conclusiva "I'll Be": il primo minuto offre infatti un'insolita intro in stile flamenco, con frenetici riff acustici totalmente nuovi per la band, poi il resto del brano procede alternando i suoni di carillon delle strofe alle pompose aperture melodiche del ritornello.
Credo che con "Sagacity" i Saga abbiano realizzato il loro miglior disco da diversi anni... forse addirittura una ventina! Sicuramente di dischi al di sopra di esso ce ne stanno parecchi, considerando che i picchi creativi la band li ha avuti all'incirca nei primi 15 anni di carriera, ma batte tranquillamente la produzione anni '90 (forse ha qualche difficoltà a superare "Generation 13") e direi senza problemi anche la validissima produzione anni 2000 (senza però spazzarla via), perfino il notevole "Trust" del 2006. Oltretutto i Saga sono una delle poche band che riesce dopo oltre trent'anni di carriera a non mostrare affatto segni di stanchezza e a realizzare oggi dischi non semplicemente buoni o ottimi ma addirittura in grado di essere accostati ai capolavori del passato. Fra le altre band che vantano questo pregio si possono citare Rush, King Crimson, Camel, Marillion, IQ.
Spero vivamente che quest'album sia effettivamente l'anticamera di una nuova fase per il gruppo. Lavorando meglio sull'amalgama degli elementi possono migliorare ulteriormente ed entrare definitivamente nel futuro inaugurando un'ennesima nuova giovinezza. Intanto ritengo doveroso per me inserire "Sagacity" fra le mie personali migliori uscite del 2014, anche se lascio il primato agli IQ di "The Road of Bones".
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