Ultimo della triade iniziale di album definibili come quasi-prog, prima del decisivo cambio di etichetta e di produttore, "Silent Knight" replica in tutto e per tutto gli ingredienti musicali delle due opere precedenti risultandone né migliore né peggiore, con i suoi estrosi ma equilibrati pieni tastieristici, i rotondi stacchi chitarristici, le felpate e rotolanti ritmiche pop-rock a creare un peculiare, ma ancora non entusiasmante ibrido fra virtuosismo e accessibilità, sospeso com'è fra indubbia originalità ma ancora non ottimale incisività.

"Don't Be Late" è però efficacissima apertura del disco: un tenue arpeggio di synth solca tutto il brano sorreggendo inizialmente una supplicante melodia vocale, ben presto sopraffatta da poderosi, sonorissimi staccati di chitarra che progressivamente trascinano anche la sezione ritmica verso una furibonda cavalcata strumentale. Si presenta nell'occasione ai suoi futuri fans il nuovo, terzo in tre album ma nei fatti definitivo tastierista della formazione, quel Jim Gilmour allora appena ventenne e snello come un giunco, oggi discretamente appesantito ma ancora bravissimo all'opera dietro ben quattro rack doppi della Korg, indispensabile fucina sonora del mondo Saga.

L'altro brano in evidenza fra gli otto in scaletta è quello di chiusura "Careful Where You Step", scelto spesso per aprire i concerti in virtù di un'intro molto suggestiva, con una fanfara di sintetizzatore che si fa strada fra bordate di rumore bianco per poi cedere il passo alla tipica ritmica disco-prog, all'enfatica parte vocale ed alla virtuosa, ricercata lotta fra chitarra e tastiera solista, in un tourbillon di stacchi, controtempi, inseguimenti e unisoni.

Quando il ritmo si fa più composito e i sintetizzatori indugiano verso timbri di corno o di altri simili ottoni, l'atmosfera generale prende un retrogusto quasi del tutto progressivo e in particolare decisamente britannico, ad onta della provenienza canadese della formazione. Succede ad esempio in "Compromise", gran bella melodia.

La maggior parte degli otto pezzi si mantiene comunque nel binario preferito dai Saga in questa prima fase di carriera: un progressive ballerino nel quale la ritmica incalza allegramente col suo groove disco (!), mentre su di esso vanno ad innestarsi epiche bordate di tastiere, anacronistiche ma efficaci nei loro riff fanfarosissimi, sagomati e resi ancora più incisivi da un accompagnamento chitarristico che evita quasi costantemente gli accordi, preferendo continue frasi e frasette di contrappunto, stacchi e controtempi, silenzi e pieni poderosi. Un inedito crossover, questo dei Saga, che pur avendo fatto ben pochi reali proseliti pone in ogni caso il gruppo in una dimensione di assoluta originalità.  

"Silent Knight", pur essendo un buon disco, viene dopo altri due molto simili ad esso e dà la sensazione che il gruppo stia segnando un po' il passo. La sua importanza è primariamente quella di assestare il quintetto nella formazione storica, con i fratelli Ian e Jim Chricton rispettivamente alla chitarra ed al basso, Steve Negus alla batteria, Michael Sadler pianista e voce solista e l'ultimo arrivato Gilmour alle tastiere: cinque ottimi e creativi musicisti non completamente usciti dal bozzolo, ancora dopo tre album. Per fortuna vi sarà chi continuerà a credere in loro, destinando un budget maggiore al lavoro successivo e mettendoli in mano a un produttore capace finalmente di tirar fuori loro le palle.

E sarà allora grande musica nel quarto album "Worlds Apart", prossimamente su questi schermi.    

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