Ricordo bene quando nel 2017 i Saga annunciavano la fine della loro quarantennale carriera con un videomessaggio social. Il tour annunciato doveva essere quello d’addio ma quando hai una passione nel sangue a volte è difficile smettere, tant’è che si sono ripresentati in tour nel 2019 e all’inizio del 2020… per poi addirittura annunciare di essere al lavoro su un nuovo album.
Peccato che di nuovo album esattamente non si tratta. “Symmetry” è una selezione di brani della band rivisitati in versione acustica. Solitamente non sono un grande fan di questo tipo di produzioni, le considero sostanzialmente tempo perso che avrebbe potuto essere impiegato nella composizione di un album di inediti, ciò non vuol dire che non possano in qualche modo catturare il mio interesse, specie se si tratta di una delle band che amo di più in assoluto.
Qui i Saga hanno fatto davvero un grande lavoro. Fare un disco di rivisitazioni acustiche non è proprio facile, perlomeno non è facile farlo in una maniera che non sia banale e scontata, si potrebbe farlo prendendo semplicemente gli accordi originari e suonarli con una chitarra acustica ma sarebbe assai troppo scontato, il livello sarebbe quello di cantante da spiaggia davanti al falò, volendo potrebbe farlo chiunque abbia delle basi. I Saga però sono ottimi musicisti, spesso sottovalutati, e non si accontentano di fare un semplice set acustico. I brani scelti vengono rielaborati sfruttando al meglio le proprie potenzialità, si legge nei solchi la voglia di rigirare i brani come un calzino e fornire loro un’identità tutta nuova, si percepisce appieno la dedizione nel capire come ristrutturare i brani, come trasformare quel passaggio o quell’assolo, con che strumento suonarlo e in quale chiave quel brano si può meglio ridisegnare. Il risultato è che il disco finisce per sembrare credibile come un disco di inediti, suona più come un nuovo album che come un disco di rivisitazioni, ha vita propria, tanto da permetterci perfino di cancellare dalla testa il rammarico per un album di inediti che non c’è stato.
A rendere il disco ricco e variegato è la buona varietà di strumenti acustici utilizzati. I Saga sapevano che chitarre acustiche e piano da soli sarebbero risultati scontati, così ecco che utilizzano in libertà violino, violoncello, mandolino, banjo, fisarmonica e clarinetto (già suonato dal tastierista Jim Gilmour in alcune occasioni passate). Il risultato è un qualcosa che si avvicina molto al folk. La cosa non è scontata, non per forza acustico è sinonimo di folk (almeno secondo il mio metro di giudizio), tante volte ho sentito definire folk del materiale soltanto perché fortemente acustico, personalmente collego la parola folk a qualcosa di molto popolare, contadino, terreno, rurale, abbastanza di vecchio stampo, qualcosa che mi faccia davvero pensare ad esempio al contadino con camicia a quadri, alla festa in costume, al banchetto o alla vecchia che lavora a maglia su una sedia di legno davanti al casolare. Per dire, non considero folk i Kings of Convenience, mentre non ho dubbi sul fatto che lo siano i Jethro Tull degli anni ’70. Qua i Saga conferiscono a gran parte delle composizioni proprio un tocco folkloristico, da danza popolare o da banchetto. E tutto fa uno strano effetto, ci avevano abituati ad un sound molto tecnologico, fantascientifico e futuristico dove abbondavano tastiere potenti e visionarie ed ora ce li ritroviamo in questa insolita versione rurale e antica, da un estremo all’altro. Non è un caso che anche la copertina raffiguri un’antica biblioteca impolverata anziché le metropoli spaziali e le creature fantastiche da fumetto manga di alcuni disegni passati.
Nota di merito anche per la scelta delle tracce da riproporre. Il rischio che si cada nella trappola del greatest hits è sempre alto quando si fanno cose come queste, già le esibizioni live vengono erroneamente scambiate da miriade di band come dei greatest hits da riproporre dal vivo per il pubblico, quante volte ci siamo lamentati della ripetitività delle scalette, del vizio di eseguire sempre i soliti cavalli di battaglia… Anche i Saga hanno il loro zoccolo duro di brani immancabili ma per questo disco acustico non hanno fatto affidamento sui soliti classici, l’unico è “Wind Him Up”, per il resto non troviamo “Humble Stance”, “You’re Not Alone”, “Don’t Be Late”, “Careful Where You Step”, “On The Loose”, “The Flyer”, “Scratching the Surface”. Giustamente le tracce per un disco acustico vanno scelte in base alla resa che potrebbero avere.
A dire il vero le tracce più lente non ne escono particolarmente rivoluzionate, avevano già un mood delicato all’epoca e al massimo viene estremizzato, “Images” appare solo leggermente meno futuristica, “No Regrets” si riscopre solo un po’ più hackettiana, mentre “Say Goodbye to Hollywood”, originariamente opaca e posta in un album altrettanto opaco, ne esce rinvigorita. Non particolarmente stravolta nemmeno “Always There” anche se quel banjo sembra azzeccatissimo.
La resa migliore la hanno i brani invece più movimentati, quelli più difficili da ridisegnare, “Wind Him Up” e “Tired World” lambiscono il flamenco, “The Pitchman” poi è la rivisitazione più riuscita e complessa, quella dove più risultava difficile rivedere ogni singola trama, il risultato è stupefacente. La trasfigurazione perfetta la si ha tuttavia nel trittico formato da “Time to Go”, “The Perfectionist” e “We Hope You’re Feeling Better”, brani la cui ritmica si presta benissimo alla trasposizione folk, i Saga se ne rendono conto e le trasformano in un qualcosa che davvero si avvicina ad una danza popolare. C’è anche un altro medley, formato da brani provenienti dall’album “Trust”, trattasi di “Footsteps in the Hall”, “On the Other Side” e “You Were Right”, dove avvengono scambi di ritornelli. Ci sono anche tre brani inediti, che sono tuttavia degli interludi che non aggiungono granché.
Concludendo avrei chiaramente preferito un album di inediti ma è già un miracolo avere una nuova pubblicazione dei Saga dopo l’annunciato addio; e poi questo disco si comporta più o meno come tale, sembra avere vita propria e lascia qualche spiraglio aperto ad un eventuale proseguo ad oltranza di questa storica ma ingiustamente poco osannata band.
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