Dalla finestra della sua villa sul lungomare di Fregene, l'uomo osserva le onde in lontananza. Distoglie lo sguardo dalla riva, risale le scale verso il suo studio e afferra l'agenda dalla scrivania. Apre la prima pagina, prende la penna e annota la data segnata sul calendario: 25 luglio 1970.

Da qualche tempo la sua mente è offuscata dal pensiero della morte, ed è convinto che gli restino pochi anni da vivere. La paura dell'oblio che fa seguito alla conclusione dell'esperienza terrena lo ha portato a scavare a lungo tra i ricordi. Simile a una processione, i volti che hanno attraversato la sua vita si presentano dinanzi a lui come in attesa di un giudizio finale.

Poche settimane più tardi scrive a un amico: «Quella cosa misteriosa che Le ho detto è la storia della mia famiglia, che è la storia di Nuoro e della Sardegna. Ho scritto finora tre capitoli. [...] Glieli manderò e sarà Lei il solo a vederli. Mi dirà se val la pena di continuare: tanto l'opera, se mai sarà finita, non è destinata certo alla pubblicazione. Non è cosa di questo mondo».

Due anni più tardi appunta su un'altra agenda, nella data del primo gennaio, quella che sembra essere la conclusione di quel doloroso viaggio a ritroso nel tempo:

"Riprendo, dopo molti mesi, questo racconto che forse non avrei dovuto mai cominciare. Invecchio rapidamente e sento che mi preparo una triste fine, poiché non ho voluto accettare la prima condizione di una buona morte, che è l’oblio".

Non erano, dunque, i mille volti incrociati nella sua vita ad averlo implorato di raccontare le loro esistenze: era lui ad implorarli di testimoniare la sua.

"Sono stato una volta piccolo anch'io, e il ricordo mi assale di quando seguivo il turbinare dei fiocchi col naso schiacciato contro la finestra. C’erano tutti, allora, nella stanza ravvivata dal caminetto, ed eravamo tutti felici poiché non ci conoscevamo. Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che raccolga, ti risusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in giudizio finale. È quello che ho fatto io in questi anni, che vorrei non aver fatto e continuerò a fare perché ormai non si tratta dell’altrui destino ma del mio".

Le memorie dell'uomo affacciato alla finestra del suo studio sul mare vedono la luce pochi anni più tardi, ma l'uomo che le ha scritte non c'è più. Nella processione di anime che affollano il cimitero innevato di Nuoro, in timorosa attesa del giudizio finale, adesso c'è anche la sua.


Edizioni consigliate:

  • Salvatore Satta, "Il giorno del giudizio", Padova, CEDAM, 1977 (prima edizione)
  • Salvatore Satta, "Il giorno del giudizio", Ilisso, 1999 (prefazione di George Steiner)

Altre opere correlate:

  • Manuelle Mureddu, "La danza dei corvi", (graphic novel), Betistòria, Nuoro, 2016
  • Stefano Brugnolo, "L'idillio ansioso. «Il giorno del giudizio» di Salvatore Satta e la letteratura delle periferie", Avagliano Editore, Cava de' Tirreni, 2004
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