Piccoli gesti, la speranza l’amore.

Faceva paura all’america bianca, era nero e frequentava neri di successo tipo Cassius Clay e Malcom X, era ricco, guidava una Ferrari. Stava anche diventando potente, aveva osato fondare una sua etichetta discografica (SAR Records) ed una casa editrice, non ubbidiva, non si faceva sfruttare, anzi ottenne un contratto con la RCA tra i più alti di sempre.

Ma come osa quello sporco negro a prendere parte al movimento per i diritti civili? Forse è anche comunista, non dobbiamo solo farlo fuori, dobbiamo anche infangare il suo nome per sempre.

Così in uno squallido motel l’11 dicembre 1964 si consuma una storia incredibile, logica solo per la polizia… Omicidio giustificabile da legittima difesa il verdetto finale. Bertha Franklin di 55 anni ha picchiato ed ucciso a revolverate Sam Cooke, 33 anni, seminudo ed ubriaco. Etta James vide il cadavere prima della sepoltura “Sam aveva entrambe le mani fracassate, il naso maciullato e la testa con evidenti segni di colpi ricevuti, era quasi staccata dal collo.” (Rage to survive the Etta James story) scrisse.

Piccoli gesti.

Si rifiutava di cantare negli stati razzisti, nei concerti per soli bianchi, ma non era un angelo. La sua voce era da angelo, ma lui no. Donne, divorzi, la morte di un figlio piccolo, denaro, successo, aveva tutto e troppo in fretta, poi … Poi ha scritto “A change is gonna come” rispondendo implicitamente a colui che si chiedeva "Quanti anni alcune persone devono esistere, prima che gli sia permesso di essere liberi?" Ed ad un uomo che disse: "I have a dream..."

Piccole pesti, la speranza.

-Mà, ‘zzo scrivi? Non mangiamo?

-Sono le 6, è presto. Scrivo una rece.

-Una rece? Cos’è? Oh vez, ma io mi rompo in casa tutto il giorno, non posso uscire, almeno fammi da mangiare, non scrivere di persone inutili…

-Vieni qui che ti faccio sentire una cosa.

-E’ un botto lento, però bello, che genere è?

-Ti voglio bene bimbo...

L’amore.

E’ il disco della consapevolezza, in cui le contrapposizioni razziali cadono. Sam non scrive per i bianchi (Having a party, Twistin’ the night away per info chiedete a Mr. Bruce Springsteen) o per i neri (Bring it on home to me, Another Saturday night per info stavolta chiedete a Jimmy Cliff o Bob Marley), scrive capolavori per se stesso (e per me, ovviamente). Emblematici in questo senso sono due straordinari live pubblicati postumi, entrambi piccoli gioielli, il live at the Harlem Square club (con pubblico nero) e At the Copa (con pubblico bianco). Sembra incredibile che sia lo stesso artista a cantare, ma procurateveli entrambi, ne vale la pena.

La band che lo accompagna rimane in secondo piano, quasi timorosa di non essere all’altezza di quella splendida voce. Qui trovate blues (molto) e soul con un’aria notturna e jazzata, un ritorno alle radici, una Little red rooster (Dixon) da brividi. I lost everything (Tate) dedicata al figlio, con la voce che sembra ti accarezzi una guancia cercando di consolarti, chitarra e tastiere che si amalgamo malinconicamente… E questo è nulla le vere bombe sono Lost and Lookin’, Please don’t Drive me Away, You Gotta Move, Shake Rattle and Roll che squarciano l’anima. Disco registrato in tre giorni (tre notti, probabilmente) intrigante e sexy, malinconico ma non triste, la giusta colonna sonora per dichiarare il proprio amore all’uomo della tua vita… Canzoni intime e perfette, da colonna sonora per la fine di un’amore (Get yourself another fool), blues essenziali come Trouble blues e rock’n roll in chiusura a salutare tutti con la manina…

Si Sam, hai scritto per me e per tutti quelli che hanno un’anima da regalare, non da vendere.

I love you so

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