Classe 1994, da North Shields (Newcastle, UK), Sam Fender è ad oggi il miglior songwriter della sua generazione per chi scrive, ma non solo.
Dopo un folgorante album di debutto, "Hypersonic Missiles" (2019) che lo ha catapultato di sorpresa in vetta alle classifiche inglesi, a cui è seguito l'importante e corposo sophomore "Seventeen Going Under" (2021) che lo ha di fatto consacrato come l'artista britannico di maggior rilievo nella scena rock (con soldi out ovunque nelle più grandi arene e festival), arriva ora,dopo quattro anni, l'atteso terzo lavoro. Quello più difficile.
Fender si porta dietro, fin dall'inizio, il pesante e fastidioso appellativo di Geordie Springsteen. Questo sia per quel suono riconoscibile e facilmente associabile al Boss (vedi la presenza massiccia del sassofono nei primi due album), sia per una innata capacità di sapere raccontare la vita di tutti i giorni con le sue difficoltà e problematiche sociali.
Conosciuto quindi per la facilità con cui cattura le emozioni più crude della vita della working-class, ora compie un passo avanti ulteriore.
La traccia di apertura (potente, un anthem a tutti gli effetti e la preferita dalla sottoscritta, che dà anche il titolo all'album), è infatti un brano molto personale dedicato alla donna che è stata per l'autore una seconda madre.
Fender qui racconta di essere tornato a casa e di essere andato a trovare la suddetta donna nella casa di riposo in cui risiede e di averla assistita fino alla fine.
"I promised I'd get her out of the care home..."
"...the place was fallin ' to bits
Understaffed and overruled by callous hands
The poor nurse was around the clock and the beauty of youth had left my breaking heart..."
"Oh, I stayed all night 'til you left this life".
Alla co-produzione c'è Adam Granduciel dei The War On Drugs (mito di Fender da sempre) e si sente, qui e altrove nel disco.
A seguire tracce come Wild Long Lie e Arm's Length riflettono invece i pro e contro della fama raggiunta e la fatica di restare legati e connessi alle proprie radici, non senza cadute.
E poi, per tornare al sociale, su tutte spicca Crumbling Empire con il suo testo più bello.
"...my mother delivered most kids in this town
My step dad drove in a tank for the crown.
They left them homeless, down and out in their crumbling Empire".
"...twenty-five years on crack and dope
Begging to pay for synthetic hope
Just another kid failed by these blokes
And their crumbling Empire".
Chin Up e Nostalgia's Lie sono i brani che più si discostano dal suo repertorio più noto. Il primo si avvicina molto alle atmosfere post britpop.
La capacità di miscelare esperienze personali e narrativa sociale resta uno dei punti di forza di Fender.
C'è una grande ricchezza nei testi ed un senso costante di nostalgia e malinconia unito a tratti ad un senso di colpa per avercela fatta e vivere ora una realtà diversa e lontana centinaia di km da quella dei suoi amici di infanzia.
Soprattutto c'è in chi ascolta e lo segue dagli esordi la consapevolezza della maturità raggiunta.
Finalmente un album il cui contenuto non è il solito banale trittico 'amori finiti/amori che iniziano/dinamiche di coppia, ma un faro puntato sulle difficoltà di vivere in questo presente in condizioni di svantaggio.
In conclusione "People Watching" cementifica il posto di Sam Fender tra le voci più convincenti del panorama rock britannico.
L'album della maturità?
Forse. Di certo mostra che non siamo di fronte solo ad un bravo musicista, ma anche ad un bravo autore con qualcosa di importante da dire.
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