Groucho: "accetta le mance?"
Cameriere: "sì signore"
Groucho: "ha 15 dollari spicci?"
Camereire: "sì signore"
Groucho: "allora non ha bisogno dei 10 cent che volevo darle!"
La comicità dilaniante dei fratelli Marx (Groucho, Harpo, Chico, qui per la prima volta privi di Zeppo) risulta fresca a distanza di anni, decenni, lo sarà a distanza di secoli. Dopo il punto più alto della loro carriera ("Duck Soup", 1933, in italiano "La guerra lampo") Sam Wood dirige i tre Marx nell'opera che darà il titolo al più noto disco dei Queen mantenendo elevatissimo il ritmo comico durante tutta la durata del film, il quale risulta godibile anche nel 2011, ben 76 anni dopo; se infatti molte pellicole di Groucho e i suoi fratelli appaiono oggi come una discontinua collezione di gag geniali intervallate da lentezze incompatibili con il tipo di film che ormai siamo abituati a digerire, questa è una di quelle poche occasioni in cui non si avvertono pause, la sequenza demenziale delle trovate resta compatta, solida, un gioiello del non-sense, un monumento alla risata intelligente.
Perchè l'intelligenza di una persona si misura principalmente tramite il suo senso comico e, soprattutto, autoironico. Otis T. Driftwood (Groucho) è un impresario teatrale che convince la ricca signora Claypool (Margaret Dumont, più volte indicata dallo stesso Groucho come la "sorella Marx") ad investire una grossa somma di denaro in favore del teatro dell'opera di New York per ingaggiare il più grande tenore del momento, il burbero Rodolfo Lasspari (Walter Woolf King). Grazie agli inganni di Fiorello (Chico) finirà però per ingaggiare erroneamente la comparsa Riccardo Baroni (Allan Jones, nel ruolo che sarebbe stato di Zeppo), innamorato del soprano Rosa Castaldi (Kitty Carlisle), e partono tutti in nave verso l'America. Alla fine, vissero tutti felici e contenti.
Dopo aver puntato i loro cannoni satirici contro il militarismo e la piaga nazista che stava crescendo pericolosamente in Europa, qui i fratelli Marx si scagliano con il consueto graffio ironico contro la società benpensante, i suoi schemi, e celebrano al contrario l'arte povera, che rimane spesso nell'ombra dei grandi nomi scelti per il pubblico. I ruoli son sempre quelli: Groucho sarcastico e tagliente, Chico tonto e surreale, Harpo muto e imprevedibile, Margaret Dumont materasso ideale per qualsiasi battuta passi loro per la mente ("io non sono un cacciatore di dote, quando ho saputo che la signora Claypool aveva 7 milioni di dollari le ho chiesto di sposarmi, poi quando mi ha detto di averne 8 non ho comunque smesso di amarla!").
Ci sono qui alcuni dei momenti più memorabili del repertorio dei fratelli Marx, come il contratto stipulato fra Groucho e Chico (alla pari della lettera agli avvocati di "Animal Crackers"), la cabina della nave che continua a riempirsi di persone, il discorso senza capo nè coda di Chico al momento dello sbarco ("cosa devo dire?" "che volare rende scemi" "e se non ci credono?" "cominci a parlare e vedrà che ci crederanno.."), il consueto gran casino finale come sfogo della loro comicità, un po' come la grande scazzottata risolutiva di Bud Spencer e Terence Hill. Oltre al solito intermezzo musicale in cui Chico si diletta al piano e Harpo all'arpa (non un caso, il suo nome d'arte).
Dedicato a chi apprezza la comicità più vera, lo zero comico assoluto. Non so come la pensi la maggior parte della gente che forse conosce Groucho solo come aiutante di Dylan Dog (ma anche questo è tanto), ma a me viene un po' da riflettere mentre riguardo per l'ennesima volta "Una notte all'opera" e contemporaneamente penso che ora si attende ansiosi l'uscita di "Una notte da leoni 2" (per quanto, forse, lo vedrò anch'io).
Freddie Mercury aveva buon gusto, non c'è che dire.
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