"Senti come suona..."

Suona underground ("Lo straniero"), suona sperimentale ("Fattanza blu"), suona addirittura acid jazz nel sax alto di Giglielmo Pagnozzi ("La notte") che sembra il contrappunto alla tromba dell'ultimo Miles Davis, quello di "Doo-Bop" (1992). "SXM" riesce ad esempio in questo; ti permette di associare la musica della New Orleans che fu a quello che molti, a torto, considerano a priori un genere "minore": il rap.

Siamo ora in un periodo di svendita, tutto luccica attorno al rap, anche i proiettili hanno la patina dell'oro. Tra culi, tette e macchinoni, ci si mostra ma non si esprime. Neffa, Deda e DJ Gruff, invece, ne avevano di cose da dire. Emersi dal circuito dei centri sociali, dotati di un bagaglio culturale che si manifesta spesso in un "antagonismo" di maniera ma autoironico come raramente capita di ascoltare (niente a che vedere con la rabbia grossolana che spesso affiora, ad esmpio, nei primi 99 Posse), i tre sfornano nel 1994 questo piccolo gioiello dell'underground italiano, strutturato come una panoramica degli stati di alienazione, da quella sociale a quella sensoriale. Ed è proprio quando intingono le rime e i beats nella resina della loro pianta preferita che i Sangue Misto danno il meglio di loro, a dimostrazione del fatto (come la carriera di Neffa in seguito chiarirà) che più del disagio sociale vero e proprio i tre rappresentano al meglio le quotidiane situazioni di una divertita vita "contro".

A questo livello si inserisce quello che è forse il pezzo migliore del disco, "La porra", quasi sette minuti di ode alla canapa, in cui le influenze musicali dei tre vengono frullate da Gruff in una produzione di sorprendente spessore musicale, con le liriche di Neffa e Deda a salire e scendere negli spazi metrici con l'astronave Delta-9 (ovvero un composto stupefacente, il delta-9 tetraidrocannabinolo); il tutto impreziosito, nel finale, dal solo della chitarra di Antonio "Etti Panetti" Gabriele.

In definitiva, "SXM" rappresenta forse meglio di ogni altro disco la giovane Italia degli anni '90, che guarda all'America delle strade ma non dimentica che il nostro piccolo lembo di terra in pieno Mediterraneo, nel bene e nel male, appartiene a un'altra storia.

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