HERO: Illustrious warrior; man of superhuman qualities favoured by the Gods; one who has fought for his country; a man of distinguished bravery.
SAINT: A holy person; one eminent for virtue; officially recognised by the Church as having won by exceptional holiness a high place in Heaven and veneration on Earth.
FOOL: Person whose conduct one disapproves of; one wanting in wisdom; a person of weak mind; a jester, clown; a vague term of endearment.
Nel 1980 il dilagare della New Wave of British Heavy Metal mi aveva dapprima incuriosito, poi lasciato francamente indifferente: a 16 anni ero stato svezzato a suon di Progressive in tutte le salse, Corrieri Cosmici tedeschi e Musica Classica, e sorretto dalle quattro pietre angolari dell'Hard Rock, con particolare predilezione per gli Uriah Heep, dei quali ammiravo l'eclettismo stilistico e l'innato gusto per la melodia. Fu la carta stampata a indicarmi un'alternativa agli Iron Maiden, Saxon e Judas Priest: un sottobosco dal sound meno roboante e allo stesso tempo rispettoso dei fasti del decennio precedente, una serie di nuovi gruppi inglesi che includevano quasi sempre un tastierista in formazione, senza pero' tralasciare l'energia dirompente del nuovo movimento.
I MAGNUM di Kingdom of Madness ne erano stati gli inconsapevoli anticipatori un paio d'anni prima, ma un fattore portante ne caratterizzava l'esistenza: nessuno di loro proveniva dalla Sparkling and Fashionable London, bensì dalle Midlands e dalla provincia inglese in genere, luoghi piu' fedeli a certe tradizioni Anglosassoni e ad antiche leggende. Sul mio giradischi iniziarono a passare NIGHTWING, GRAND PRIX, DIAMOND HEAD, WHITE SPIRIT, PRAYING MANTIS, DEMON e VARDIS, ma un solo titolo, di cui avevo letto un gran bene, si rivelo' ai tempi irreperibile: l'esordio dei SARACEN. Dopo averlo cercato invano per anni, mi apparve a meta' anni '80 in mezzo ai dischi usati di uno dei soliti negozi di fiducia, e l'ascolto ando' ben oltre le mie aspettative: l'abbinamento con la lettura del Nome della Rosa di Umberto Eco rendeva quel gran malloppone ancor piu' affascinante...una vera accoppiata vincente!
A meta' anni '70 questa band del Derbyshire era gia' nota nelle Midlands col nome di LAMMERGIER, ma l'avvento del Punk ne allungo' inevitabilmente la gavetta e l'interesse dei discografici fino al fatidico inizio del nuovo decennio, il quintetto, cambiando nome in SARACEN, stava pubblicando l'esordio a 33 giri per una piccola etichetta locale, la Nucleus, quando la Polygram, fiutandone il potenziale, si intromise nel progetto strappandone la distribuzione. Da un lato fu un bene, in quanto la circolazione nazionale premio' il disco con l'entrata nella Top 50, dall' altro penalizzo' la scaletta con l'inclusione di un brano non proveniente dalle sessions dell'album, NO MORE LONELY NIGHTS, heavy-pop song gradevole ma banalotta, inserita a forza in mezzo al resto delle tracce, tutte highlights di Progressive Metal ante litteram, dall'epicita' inaudita.
Il lavoro, a dispetto del titolo, non e' un Concept Album, ma un insieme di immagini fantasy, con maestose descrizioni di armigeri medievali, lotte con demoniaci avversari e finanche una qualche filosofia di vita riconducibile ai giorni nostri. La Title Track, dalle grandi aperture progressive, descrive i tre personaggi che possono prender forma in ciascuno di noi nel corso dell'esistenza, ma il morale della favola si traduce nel seguire il proprio cuore, e nel non incamminarsi in una delle tre strade, rimanendo comunque se stessi. La voce di STEVEN BETTNEY possiede la passionalita' di un DAVID BYRON, gli assoli del chitarrista-compositore ROBERT BENDELOW si intersecano alla perfezione con il magico apporto tastieristico di RICHARD LOWE, la sezione ritmica di BARRY YATES e JOHN THORNE garantisce sensuali fraseggi e improvvise accelerazioni. L'anthemica CRUSADER combina vecchio e nuovo con grandissima classe, ROCK OF AGES e' il pezzo che i Maiden non hanno mai scritto, il breve strumentale DOLPHIN RIDE evoca addirittura il compianto PETER BARDENS di ARISTILLUS, con Lowe e Bendelow protagonisti assoluti di un piccolo capolavoro. HORSEMEN OF THE APOCALYPSE e READY TO FLY sono perle di Prog Metal senza tempo, dominate l'una da un riff tastieristico da antologia, l'altra da un guitar-solo in crescendo tra i piu' emozionanti che abbia mai ascoltato.
Dopo un periodo di ibernazione durato circa 20 anni, questi gran signori si sono risvegliati producendo nuove opere di tutto rispetto, ma il loro tempio dorato risiede nei solchi di questo platter monumentale, nel quale in tanti verranno ad attingere.
Per l'aggettivo EPIC si passa da qui!
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