E' dopo un certo lasso di tempo che Sarah McLachlan decide di pubblicare il suo nuovo album in studio nel 2003. Dopotutto, è una cantautrice che si è sempre presa i suoi tempi, tranquilla e rilassata come la musica che compone. Nel frattempo, dal precedente "Surfacing" sono accaduti pochi ma significativi eventi. La nascita di sua figlia, come è successo ad altre cantanti della sua risma (vedi Tori Amos), ha addolcito ancor di più il suo sound già posato di per sé. La morte della madre, altro evento cardine di una cantante (pseudo)femminista, approfondisce l'introspezione psicologica che già permeava le sue canzoni. Infine, già si avvertono le avvisaglie di un rapporto coniugale difficile, che naufragherà anni dopo.

Perché soffermarsi sugli aspetti biografici di questa cantante? Perché i testi delle canzoni ne sono la trascrizione fedele. Il filo conduttore è quello del fallimento, dell'amore stentato, del senso di colpa e della speranza intravista all'orizzonte. Un orizzonte illuminato dalla tetra luce del crepuscolo (Afterglow, per l'appunto), che lascia confidare in una prossima alba. Le parole delineano dunque lo stato interiore di Sarah, sorrette come sempre da una capacità interpretativa fuori dal comune. La sua voce riesce a valorizzare la sostanza di ogni parola con una pronuncia che indugia su ogni suono. Una voce modulata in infinite varianti, dal tono sommesso e sussurrato all'accenno di pianto, fino a rapide impennate dalle sfumature quasi celtiche. Una voce dalle connotazione quasi teatrali che rende vive le parole.

Per quanto riguarda l'aspetto più propriamente musicale, ci troviamo di fronte a un lavoro molto omogeneo, che forse manca in parte del brio dei suoi primi lavori (come dimenticare l'acerbo ma superbamente evocativo Touch?), ma che ci rende l'immagine di una donna adulta e consapevole. Il folk la fa da padrone, con aggraziate chitarre acustiche e rapidi arpeggi di pianoforte. Il tutto è però condito da un uso calibrato dell'elettronica, come nell'intro del singolo Fallen o nel sintetizzatore pulsante che fa da sottofondo a World on fire, oppure ancora nei violini sintetici di Stupid. Si prosegue con Drifting, la quale sviluppa le sfumature celticheggianti mai abbandonate da Sarah, con rimandi alla musica di Enya. Gli elementi folk spiccano in maniera più chiara in Push o in Perfect girl, dalla melodia lineare ma avvolgente. 

A proposito di linearità, le canzoni di Sarah appaiono sempre molto fluide a un primo ascolto. Tuttavia, vi è bisogno di più tempo per esplorarle più in profondita, scoprendo quanto in realtà siano sofisticate. Accade così per la  delicata  Answer, sorretta da un pianoforte quasi essenziale e per Time, dove l'elettronica torna a ricreare un sottofondo sfumato ed evanescente. Infine, l'album si chiude con l'amara Dirty little secret, dando gli ultimi ritocchi all'atmosfera dimessa e di penombra di cui l'album è intriso, una canzone che suona come una patita accusa a sé stessa per gli errori commessi, una sommessa richiesta di aiuto e di perdono.

Si chiude così Afterglow, dopo poco più di 40 minuti di ascolto. Sufficienti, a dire la verità, per un sound che alla lunga potrebbe annoiare per la sua omogeneità (ma non ripetitività). 40 minuti di relax allo stato puro, ma anche di riflessione e di struggimento. 

 

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