"Sarah chi?!?” vi sarete probabilmente chiesti nel scorgere il suo nome fra le recensioni.
Canadese, classe 1977, alla fine degli anni ’90 Sarah Slean ottiene un contratto con un’etichetta indipendente e pubblica in rapida successione un EP (“Universe”, 1997) e un album (“Blue Parade”, 1998) principalmente costituiti di ballate per piano e voce e che si posizionano dalle parti della sua più famosa connazionale (e semi-omonima) Sarah McLachlan e della primissima Tori Amos.
“Che palle!” direte voi, e in effetti non vi sbagliate molto. Nonostante una buona vena compositiva che traspare qua e là, il tutto sa troppo di già sentito e non aggiunge né toglie niente all’ormai folto schieramento delle cantautrici al pianoforte.
I dischi però ottengono un discreto successo in madrepatria e le major si interessano all’ancora giovanissima Slean, che firma un nuovo contratto con la WEA. Nel 2002 finalmente esce “Night Bugs” che musicalmente rappresenta un netto cambiamento di rotta e le aliena parte dei fan della prima ora.
La timida e anonima ragazzina dei primi due lavori si è trasformata in una chanteuse allo stesso tempo raffinata ed eccentrica, intelligente e spassosa. Il piano domina ancora sovrano ma le sue canzoni sono adesso ornate con elaborati arrangiamenti, dense partiture di archi, improvvise esplosioni di fiati, xilofoni, glockenspiel e altre amenità varie che creano un atmosfera deliziosamente over the top.
Il nuovo suono di Sarah è ora più vicino a certi lavori di Rufus Wainwright o ai dischi prodotti da Jon Brion per Fiona Apple. La Apple viene subito in mente anche per descrivere il timbro fumoso della voce della Slean, anche se quest’ultima può contare su un’estensione ed un’espressività di gran lunga superiori.
Le sole prime tre canzoni dell’album sarebbero sufficienti a meritare l’acquisto (nonché a far diventare verdi di invidia molte delle sue più famose e celebrate colleghe): “Eliot”, dedicata allo scrittore T. S. Eliot, immerge inizialmente chi ascolta in un atmosfera da fumoso night club anche se poi si trasfigura in un maestoso crescendo orchestrale; “Weight”, brano pieno di rancore e frustrazione (“Do you know the weight I’m under?/ Everything revolves around you, you and you/ Soon the shoulder falls”), è sostenuta da una poderosa linea di piano e da percussioni incalzanti per tutta la sua durata mentre “Duncan” è una di quelle canzoni indimenticabili che entrano dentro per sempre, si apre con una melodia dissonante al piano per poi esplodere in un ritornello trascinante (“Oh you fool, you fool/ Don’t give in to Fate!/ If this is all we’ve got to fight for / Rage my darling, rage!/…/This is holy war!/ We must fight and fight again”).
Il resto dell’album, anche se non raggiunge i livelli delle prime tre canzoni, si mantiene su standard assurdamente elevati. Tra i versi di “Drastic Measures” si può rintracciare il manifesto programmatico della nuova ambiziosa Slean: “I should go to drastic measures / Steal enormous works of art / Write a piece for eighteen violins / It’s not a march but it’s a start/ … /Please say I will never be like that/ Safe / Politely dazed/ Politely crazy”.
“Book Smart, Street Stupid” (il titolo si riferisce all’espresione che il padre usava per descrivere Sarah) è una dolente ballata notturna in cui la sua voce carica di passione è accompagnata dal fido pianoforte e da una malinconica sezione di fiati. La versatilissima Slean regala anche un intenso strumentale per archi (“Dark Room”) arrangiato interamente da lei, come tutto il resto dell’album.
“Sweet Ones” e “Bank Accounts” rappresentano invece l’anima più allegra e scanzonata di “Night Bugs”; la prima, scelta come singolo, riesce ad essere appiccicosa e contagiosa senza scadere nel banale, mentre la seconda chiude il disco con il sorriso, anche se dietro alla sua atmosfera scanzonata e anche un po’ frivola si nasconde forse il brano più impegnato dell’intero album con le sue ironiche critiche alla moderna società materialista e superficiale (“I have a future/ I have substantial bank accounts/ Make lots of money/ And hope it don’t run out/ I am a beauty/ It just takes me four – five hours a day/…/ What a disease when I put my faith in these").
Non è un disco di quelli che cambiano per sempre la storia della musica, ma sicuramente nel suo genere è un piccolo capolavoro quasi sconosciuto, concedetele un’opportunità e sono sicuro che non ve ne pentirete.
Nel 2004 Sarah ha dato alle stampe “Day One” che segna una virata verso uno stile più solare e vicino al pop-rock, ampliando le intuizioni dei brani più “uptempo” di “Night Bugs”; un ottimo album, solo lievemente inferiore al suo straordinario predecessore (ma forse merita una recensione tutta per sé prima o poi).
Post Scriptum Dolente: “Night Bugs” è purtroppo pubblicato solamente in Canada, quindi lo si può avere solo per importazione; esistono siti in cui lo si può acquistare senza svenarsi ma è comunque una scocciatura nonchè un vero peccato per la Slean: sicuramente la sua non è musica da Top 10 ma certamente avrebbe un suo pubblico, andate a capire le case discografiche…
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