Il fatto che i Satan siano conosciuti ai più solo per essere gli autori di quella "Trial By Fire" coverizzata (tra l'altro direi più che dignitosamente) dai Blind Guardian dà l'idea di quanto il destino possa essere beffardo e irrispettoso nei confronti di alcune band. Per dovere di cronaca, tuttavia, occorre riconoscere come gli stessi membri del combo, ancor più di altri colleghi (Kevin Heybourne docet), siano stati i veri artefici delle proprie (s)fortune.
Il gruppo si forma nel 1979, agli albori del movimento NWOBHM, per volontà dei chitarristi Russ Tippins e Steve Ramsey, cui presto si aggiunge Graeme English al basso, completando, così, quello che, nei secoli secolorum, si confermerà come lo zoccolo duro della line up. Proprio la formazione si rivelerà essere il principale dei problemi per il terzetto: ci vorranno più di tre anni di attività e un frenetico avvicendarsi di batteristi e, soprattutto, di cantanti, prima che il gruppo possa davvero dirsi al completo. La svolta arriva proprio alla vigilia delle sessioni di registrazione del debut album, con l'ingresso in formazione di uno dei migliori cantanti dell'intera scena: Brian Ross, già negli Avenger e, prima ancora, nei Blitzkrieg.
"Court In The Act" vede la luce solo nel 1983, in uno scenario NWOBHM ormai in imminente fase di decozione, ma ancora determinato a sparare alcune delle sue migliori cartucce. Il sound complessivo del disco, va detto, si presenta essenzialmente come la summa di quegli archetipi heavy che i grandi nomi della scena avevano contribuito a definire e codificare. Tuttavia, ciò che può dirsi di primo acchito carente dal punto di vista dell'originalità, viene totalmente rivalutato dall'altissima qualità del prodotto. A stupire, in primo luogo, è l'ottimo lavoro di songwriting e arrangiamento, con particolare riguardo alla sezione ritmica di Sean Taylor (già batterista nei Raven) e English che, soprattutto nei brani più veloci, fanno bella mostra di una perizia tecnica e di una cura esecutiva davvero al di sopra degli standard fatti sino ad allora sentire (esemplari, a questo proposito, la celeberrima "Trial By Fire" e la successiva "Blades Of Steel").
Il vero epicentro creativo dell'intero disco, però, deve inevitabilmente individuarsi nel chitarrismo raffinato, ma potentissimo, della coppia Tippins - Ramsey. È lì che vanno cercate le fondamenta di quella perfetta commistione di solidità, velocità e ricchezza di spunti che caratterizza l'intero album. Ed è lì che si possono facilmente trovare, oltre ad una magistrale padronanza della sei corde, anche un ottimo gusto per la melodia, l'armonizzazione e, soprattutto, un lavoro assolistico notevolissimo, che nulla ha da invidiare a quello, ben più noto ed apprezzato, della premiata coppia Murray-Smith (per tutti, "No Turning Back" e "Broken Treaties"). Quantomeno doveroso, poi, è fare menzione di quello che, con tutta probabilità, è il vero valore aggiunto del pacchetto: la prestazione vocale di Brian Ross. Lancinanti (anche se, almeno a mio avviso, non sempre azzeccati) i suoi acuti, personalissima la sua timbrica dal sapore vagamente melanconico, ma che non compromette mai l'interpretazione vera e propria: aggressiva al punto giusto, in alcuni episodi forse fin troppo sopra le righe ("Alone In The Dark"), eppure con un tiro decisamente catchy, sicuramente debitore di mal celati retratti di puro hard rock style ("Dynamo").
Da ultimo, vi è un aspetto del tutto peculiare da prendere in considerazione. Se correttamente contestualizzato, il debutto di Tippins e soci si impone come innegabile precursore e fonte di ispirazione per la scena power tedesca che di lì a qualche anno avrebbe furoreggiato: non solo nel connubio di potenza e solidità del riffing con massicce dosi di melodia, o per la velocità media (assai sostenuta) dei brani, ma anche per un certo indugiare di cori e ritornelli particolarmente catchy. Basti ricordare, a questo proposito, le ritmiche in terzine della contorta e visionaria strumentale "The Ritual" (anticipazione, in pratica, dell'intera discografia dei Running Wild del periodo piratesco...) o il riffing serrato delle splendide "Break Free" e "Alone In The Dark" (più o meno quello che avrebbero fatto nei successivi 15 anni la quasi totalità dei gruppi metal tedeschi). Un album, insomma, per certi versi in perfetto equilibrio tra il recente passato e l'imminente presente che, meritoriamente, ottenne un discreto successo di vendite.
Come anticipato, quello che avrebbe potuto essere l'inizio di una sfolgorante passeggiata per i sentieri del successo, si rivelerà il principio della fine per il gruppo di Newcastle, soprattutto a causa di una caciara delirante di cambi di formazione e di monicker che avrebbe finito per marchiare a fuoco il destino della band. Già pochi mesi dopo l'uscita di "Court In The Act", Brian Ross abbandona il gruppo e decide (dopo una breve parentesi nei Lone Wolf) di riformare i Blitzkrieg con i quali inciderà una delle ultime perle della NWOBHM: "A Time Of Changes" ('85). Nel frattempo, il monicker Satan inizia a creare qualche problema a Tippins e Ramsey: sono gli anni in cui iniziano a farsi sentire i primi vagiti oscuri di quella che sarà la scena death/black a venire e la band viene sempre più spesso confusa e fraintesa.
È proprio in questo contesto che viene richiamato tra le fila della band uno dei cantanti che si erano avvicendati dietro il microfono prima dell'arrivo di Ross: il giovane Lou Taylor che nel frattempo aveva fondato i Blind Fury, peraltro raccogliendo buoni consensi di pubblico. Succede così che Tippins e Ramsey si lasciano convincere ad abbandonare il nome Satan a favore proprio di Blind Fury, sotto il cui monicker verrà pubblicato il successivo disco "Out Of Reach" ('85). Il sound della band, però, si rivela nettamente più melodico e l'insuccesso commerciale è quasi preannunciato. Quindi addio a Taylor e al monicker Blind Fury: si torna al nome Satan con un cantante nuovo di zecca, tale Michael Jackson (!!), con cui vengono incisi l'EP "Into The Future" ('86) e il full lenght "Suspended Sentence" ('87). Quando il tutto sembra aver trovato, finalmente, una certa stabilità, ecco che è la stessa casa discografica (la Steamhammer, ai tempi una potenza...) a cambiare le carte in tavola, imponendo al gruppo il definitivo abbandono del nome Satan a favore del più esotico Pariah. Tippins e soci riusciranno così a pubblicare altri due LP ("The Kindred" dell'89 e "Blaze Of Obscurity" dell'89), ma una consacrazione in termini di vendite che non ne vuole sapere di arrivare finirà per mortificare le residue speranze di un futuro per la band. Scoraggiati e delusi, Ramsey e Graeme decideranno di seguire l'ex Sabbat Martyn Walkyer nella sua avventura con gli Skyclad. Ma questa, come si suole dire, è un'altra storia.
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