"Ciao Enrì"
"Ciao Satu"
"Oh, stan già provando"
"Ah vabè, vado subito"
(breve pausa, si sentono dei passi), tempo di mettere a tracollo lo strumento e via... parte il groove del basso accompagnato dalla batteria.

Cosi comincia questo piacevole disco di Saturnino Celani, più noto come il bassista di Lorenzo "Jovanotti" Cherubini (ma vanta anche collaborazioni con Franco Battiato) piuttosto che per la sua opera da solista. Sebbene la sua collaborazione con Lorenzo sia stata per lui un ottimo trampolino di lancio è fuori discussione la sua bravura con lo strumento, ed il fatto di aver dato alla luce discreti lavori.
Il concetto "Testa di basso" di questo suo esordio solista, sottintende in pieno con che tipo di album e che tipo di musicista si ha a che fare: uno che ama il suo strumento, e lo rende padrone di ogni pezzo che compone, il tutto chiaramente a supporto di un genere musicale ad alta predisposizione per un certo tipo di timbrica, ossia: funky in primis, jazz/fusion e blues in secondo piano, spruzzate di groove ovunque. Se a tutto questo ci mettete quel tipico sound metropolitano dove le trombe aggiungono il resto, avrete ottenuto (si fa per dire) un album del genere.

Padrone dello strumento, ricordo che in un concerto che vidi quasi per caso, in quanto mia sorella appassionata del sopra citato Jovanotti, Saturnino mi scioccò poichè è in grado di suonare qualsiasi basso, a 4, 5 o 6 corde, fretless, non fa differenza, ed oltre che grande ritmica è capace di sfornare anche dei veri e propri assoli, tanto che nel corcerto mise in secondo piano l'unica chitarra presente producendo uno show veramente sfizioso, e rispetto al chitarrista si lasciò andare in lunghe improvvisazioni solistiche toccando vette quasi impossibili con la tastiera del suo basso. Ma, le capacità di un artista non sono solo quelle tecniche, e nel suo caso specifico la caratteristica principale è quella di aver sempre dato una certa impronta alla musica di cui era protagonista, e anche con collaborazioni in qualità di session man non ha mai perso la sua identità musicale.

In questo disco si trova quindi l'amore per il funk coadiuvato dall'amore per la scelta di uno strumento troppo spesso (in altri ambiti) poco valorizzato, ma che evidentemente ha molto da dire. Le composizioni prendono spunti ovuque, dal virtuosismo puro di "153 battute" al sound tipico delle città ("Folk metropolitano") al funk diretto senza fronzoli ("Problemi di parcheggio", "Testa di basso"), toccando anche territori inconsueti quali il romantico, con "Te lo dico cosi'" che è un unico grande solo di basso dai suoni molto morbidi e pacati.
Chiaramete non di solo basso vive l'uomo, e quindi c'è spazio anche per buoni arrangiamenti con la sezione dei fiati, la batteria, il pianoforte e la chitarra che in alcuni pezzi svolge davvero egregiamente il suo lavoro di accompagnamento ritmico.

In definitiva, se cercate qualcosa di bello (anche se non miliare), di made in Italy, che possa farvi capire che spesso dietro l'ombra dei grandi (aggettivo riferito puramente alla notorietà) esiste sempre qualche valido pilastro, questo disco potrebbe piacervi.

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