Mettiamocelo in testa: i Satyricon che hanno creato capolavori old-school black metal come "Nemesis Divina" (sento qualcuno bofonchiare cercando di imitare Satyr in "Mother North"...) non esistono più. Complici l'esigenza di ogni musicista di rinnovarsi, il fatto di aver capito che il genere stava ormai dando i suoi ultimi respiri e per qualcuno il fatto di aver perso la loro identità, hanno intrapreso un'altra strada fatta di groove e sonorità più moderne che li hanno portati a realizzare lavori controversi e in grado di dividere il pubblico come, probabilmente più di tutti, "Now Diabolical". E di certo da questa direzione stilistica non si discosta particolarmente questo "The Age Of Nero", ad oggi ultimo loro lavoro studio. E' un bene? E' un male? Ad entrambe le domande, risponderei sì e no... 

Premettendo che, come probabilmente tutti voi, mi sono appassionato alla loro musica con quel particolare e quella determinata canzone che non starei lì a ripeter nuovamente, al contempo non appartengo alla cerchia dei seminali e oltranzisti amanti della vecchia scuola non interessati a qualsiasi evoluzione nel sound di un gruppo appartenente alla loro cerchia ristretta di eletti. Premessa doverosa per comprendere quello che leggerete da qui in poi, credo...

Sì e no, si diceva. Sì e no perchè in fin dei conti il lavoro in questione, al di là dei proclami magnificenti del buon Satyr, si pone un pò a metà tra quelli che erano le vecchie produzione della band, produzioni che diciamola tutta, hanno concorso a portare alle masse un genere difficile come questo, e la parentesi "catchy" (si fa per dire...) di cd come "Volcano" o "Now Diabolical", con risultati a parere del sottoscritto soddisfacenti seppur altalenanti.

La prima parte del disco, infatti, stupisce sicuramente l'ascoltatore in quanto a potenza, freschezza e malignità: con l'opener "Commando" non si lascia neanche il tempo di allontanare il dito dal tasto play del lettore che subito Frost, batterista dalle indubbie grandi capacità, esplode la sua rabbia martellando come un ossesso a sostegno di un riff spaccaossa, per lasciare poi spazio a un ritornello che, piaccia o non piaccia, non può non stamparvisi in testa fin da subito. Segue la sinistra "The Wolfpack", mid tempo cupo e monolitico che trova da metà in poi sua vera essenza: quattro semplici note, un tempo lento sorretto da un ipnotico giro di basso e una sensazione di inquietudine e gelo che, ripensando ad alcuni passi falsi del combo e dell' intero genere, fanno sicuramente piacere. Terza canzone del lotto, la veloce e furiosa "Black Crow On A Tombstone", dove di nuovo è Frost a farla da padrone, per un pezzo che sembra fatto apposta per gli amanti dell' headbanging più selvaggio. Finito il suddetto pezzo, che si fa, ci si prende una pausa di riflessione con un pezzo più cupo e lento? Macchè, l'esatto opposto! Veloce e dall' immediato gran tiro, il duo norvegese ci presenta quello che probabilmente è il pezzo più aggressivo dell' intero lavoro e che, nella sua furia, più si allontana dal controverso stile di "Now Diabolical", "Die By My Hand". Tende forse a perdersi alla lunga, ma sicuramente è un pezzo che si fa apprezzare.

Per adesso quindi, dopo aver comprato il cd con un vago timore di rimanerne poi deluso, non posso che ritenermi soddisfatto dell'acquisto! In realtà, questa prima metà rappresenta anche la parte migliore dell'intera tracklist. Successivamente, non ci troviamo di fronte a brutti pezzi, ma la sensazione che mi hanno passato canzoni come "My Skin Is Cold" o "The Sign Of The Trident" è quella di incompiutezza: idee interessanti, riff ipnotici e testi all'altezza che probabilmente, però, avrebbero potuto esser elaborati in modo più efficace e migliore. "Last Man Standing" è un altro pezzo interessante, dall'incipit molto pomposo, ma, figlio della deformazione avvenuta con i lavori subito precedenti, stenta a decollare. Chiude il cd "Den Siste", pezzo di stampo quasi doom cantato in norvegese che, grazie a un' atmosfera disturbata e malefica in grado di riportare vagamente nella sua ipnoticità ai vecchi tempi, contribuisce a risollevare decisamente le sorti di una seconda parte del cd non all'altezza della prima.

Traendo le somme, che dire quindi di questo "The Age Of Nero"? Altro mezzo passo falso, o per lo meno lontano dai vecchi fasti se di passi falsi non vogliamo parlare, o lavoro in grado di rivalutare quello che, senza dubbio, è da considerare un nome fondamentale per la storia del BM? Personalmente, dopo averlo ascoltato e riascoltato, sono rimasto abbastanza soddisfatto dell'ascolto. Ok, il benchmark auto-imposto è chiaramente troppo forte per poter apprezzare quest'ultimo sforzo del duo norvegese, ma credo sinceramente che doverlo assolutamente paragonare a quel mostro sacro sia ingiusto per quelli che sono i Satyricon di adesso e soprattutto per il cd in questione, che in comune ha ben poco con le uscite storiche della band e che, di conseguenza, richiede di essere ascoltato e valutato con ottica e orecchie diverse. Se riuscirete a cogliere questo aspetto, sarete molto probabilmente soddisfatti di questo lavoro, sia che voi siate tra i fan fedeli alla vecchia linea sia che abbiate apprezzato le ultime produzioni della band. Se invece sapete già che smuovervi dai vecchi canoni non vi interessa, indirizzate altrove i vostri sguardi, sempre che al momento attuale si riesca davvero a trovar qualcosa...

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