La cosa che balza immediatamente all'occhio guardando la track-list di questo disco è il titolo della lunga traccia centrale: "Rapeman's First EP", ossia "il primo EP dei Rapeman", al secolo "Budd EP" (anno domini 1988). Ora uno si chiede: come potrà essere, musicalmente parlando, un brano con un titolo simile? Un tributo ad Albini, chiaramente. Ok ma...che tipo di tributo? Una cover? Un'affettuosa parodia? Un medley dei suoi non-riff più sbrindellati? Un plagio? Un re-impasto ammiccante come quello che recentemente il famelico Kid Rock ha riservato all'epocale "Sweet Home Alabama"? Niente di tutto ciò: "Rapeman's First EP" altro non è che un sogno. Il sogno che qualcuno dei Savage Republic deve aver fatto la notte dopo aver ascoltato per la prima volta quei 7 inenarrabili minuti che caratterizzano "Budd", uno dei risultati più estremi (in tutti i sensi) del percorso artistico e umano di Steve Albini.
 Capita infatti, alle volte, di fare sogni strani. Alcuni di questi vertono, anziché su persone o luoghi, su canzoni. Succede che, esattamente come le persone o i luoghi che compaiono nei sogni si presentano in sembianze diverse da come sono nella realtà, anche queste canzoni "suonano" in maniera differente da come sono sempre state percepite dalle nostre orecchie (in stato di veglia). E così ti svegli con in testa un suono, una melodia, un ritmo, una voce che attribuisci ad un brano conosciuto, il quale in realtà si costituisce di suoni, melodie e ritmi che non corrispondono a quelli sognati. Non corrispondono esteriormente, ma...forse che si tratti solamente di un inganno? di una maschera? di una finzione? Forse che la "vera" sostanza del brano sia quella che abbiamo sognato? Vabbeh, qui passo la palla agli psicologi altrimenti mi perdo, però sono proprio convinto che "Rapeman's First EP" sia esattamente ciò che i Savage Republic hanno sognato essere "Budd". Solo una cosa unisce, formalmente, la versione reale da quella sognata, ed è (non a caso) il momento cruciale del brano: quel "Motherfuckeeeeers!" che pare provenire direttamente dalle viscere della Terra... Tutto il resto è dissimulato: clangori e dissonanze, minimalismi e cacofonie, eruzioni e silenzi, tutto ciò che rientra nel DNA di Albini ci viene riproposto dai Savage Republic in una forma a noi aliena.  L'effetto è spiazzante; il sogno in realtà è un incubo: "No! Non è possibile! Non può essere questo l'Albini che conosco! C'è qualcosa in lui che non mi convince...aiuto! Voglio uscire!".

 Questo memorabile saggio di meta-musica (anzi, diciamo pure di metafisica) che prende il nome di "Rapeman's First EP" appare come il momento più surreale, inquietante ed intellettuale del disco, ma non esaurisce certo i buoni motivi per ascoltare "Customs". I sultani della trance californiana si rivelano infatti più un forma che mai e riescono nel tentativo di elaborare un convincente riepilogo della loro proposta musicale. Il resto del disco è infatti equamente diviso fra retaggi new wave (la soffocante opener "Sucker Punch", tra Neubauten e P.I.L., capace di shockare ancora come nei primi 80's, ma impreziosita da un formalismo misurato, da un'eleganza che non si trasforma mai in smalto e che non si mangia via una sola briciola di impatto), escursioni etniche al sapore di crauti ("Sono Cairo", "Mapia", "Song For Adonis", tre eccitanti voli sopra terre lontane nello spazio e nel tempo) ed omaggi espliciti proprio ai suddetti vegetali, i grandi avventurieri tedeschi degli anni 70: Neu e Can in particolare per la geometrica "The Bird Of Pork", mentre nel corposo impasto di "Archetype" riecheggiano le imprese faustiani di "Miss Fortune" o anche l'onirica sospensione e la sfocata incertezza dei Pink Floyd di "Careful With That Axe, Eugene".

Buona notte e...sogni d'oro!

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