Il 1989 è un anno di transizione per l'Heavy Metal: emergono nuove band che faranno in seguito la storia di questo genere (Dream Theater, Motley Crue, Soundgarden, Skid Row, Extreme), vecchi baluardi cercano di rimanere al passo coi tempi (Black Sabbath, Whitesnake, Rush, Aerosmith, Kiss), altri sono nel pieno della loro carriera (W.A.S.P., Metal Curch, Tesla, Mr. Big).
Poi c'è un gruppo che, ancora semisconosciuto, sforna il più bell'album dell'anno e, a parer mio, tra i più belli della storia del panorama Hard 'n' Heavy: i Savatage. Nati come cover band all'inizio degli anni 80', la creatura dei fratelli italo-americani Oliva si fa notare al pubblico con una serie di discreti album improntati su un classico Power Metal made in USA. L'apice viene raggiunto con la pubblicazione del capolavoro "Hall of the Mountain King" del 1987, che vede il debutto dietro la console del produttore Paul O'Neill, collaborazione fra le più fruttuose nella storia della musica. L'approdo di O'Neill regala ai Savatage una ventata di freschezza, che li scuote dall'immobilismo del Power Metal e li trascina verso un approccio musicale più melodico e ricercato.
L'album successivo "Gutter Ballet", del 1989, è, assieme a "Streets: a Rock Opera", l'apice della carriera dei Savatage. Il disco (come il successivo) è un perfetto mix fra i vecchi Savatage, tutti riff granitici e "urlacci" e i nuovi Savatage, tutti melodia ed epicità. Ne esce fuori un capolavoro senza tempo, in cui non si trova un solo passaggio falso e in cui ciascuna delle canzoni potrebbe fare la fortuna di un qualsiasi altro gruppo. Si comincia con "Rage and War", che parte con il rumore di un elicottero e poi colpisce l'ascoltatore con un fantastico giro di basso. La canzone è cadenzata, potente, ottima come opener perchè incolla l'orecchio di chi ascolta a ciò che viene successivamente. E ciò che viene dopo non delude.
"Gutter Ballet" comincia con delicate note di pianoforte suonate con un tempo sconosciuto (il marchio registrato di Jon Oliva) per poi partire, dopo circa un minuto, con il riff imponente del fratello Criss, probabilmente uno dei chitarristi più sottovalutati di sempre. La traccia è l'essenza del credo Savatage: tempi prog, pianoforte, i falsetti di Jon, l'assolo maestoso di Chris. Tutto racchiuso in poco più di 6, bellissimi minuti. Probabilmente non è possibile capire bene la portanza di questa canzone senza ascoltarla (quindi credetemi, fatelo prima possibile). Il tempo di gustarsi la bellissima "Temptation Revelation", pezzo strumentale da commozione coatta, e arriva un'altra canzone simbolo dei floridiani: "When the Crowds Are Gone". Quest'ultima fa parte delle numerose, meravigliose ballad scritte da questo gruppo (ricordiamo "Believe", "A Little to Far", "In the Dream", "Alone You Breathe") ed ogni volta che la ascolto non posso fare a meno di provare brividi su tutta la schiena. La passione con cui canta Jon Oliva è trascinante, il finale di soli piano e voce da lacrime copiose. Maestosa. La successiva "Silk and Steel" è un'altra strumentale, che vede però in azione la sola chitarra acustica di Criss, degno esempio della sua tecnica e del suo gusto musicale. La traccia numero 6, "She's In Love", ricorda i primi Savatage, quelli del rozzo power metal degli inizi: un riff potente e veloce, gli scream di Jon, un assolo al fulmicotone e una sezione ritmica martellante, frutto dei tre restanti membri del gruppo: Chris Caffery alla chitarra ritmica, Steve "Doctor Killdrums" Wacholz alla batteria e Johnny Lee Middleton al basso.
Ma il pezzo forte arriva con la track numero 7: "Hounds" è un vero e proprio capolavoro, a parer mio la canzone più bella tra tutte le perle scitte dai Savatage. Il testo parla di segugi, di cani rabbiosi nella nebbia, che aspettano il momento di attaccare. L'atmosfera è inquietante, la voce di Jon trascina direttamente in quella umida e fredda brughiera. La canzone parte piano, poi gradualmente cresce fino all'esplosione a circa metà canzone, dove assistiamo al primo, grande assolo di Criss. Successivamente si ha di nuovo uno smorzamento, con la voce e l'organo di Jon che creano splendidi effetti onirici. Ma questo è solo il preludio al magniloquente finale dove Criss sfodera un assolo incredibile, gasante oltre ogni limite. Descriverlo a parole non è possibile ma credetemi se vi dico che di assoli di questa levatura in una vita se ne sentono un numero inferiore a quello della vostre dita. Il tutto accompagnato da un sottofondo trascinante, in cui a farla da padrone è la batteria di Steve "Doc" Wacholz, monolitica e potente al punto giusto. Il pezzo numero 8, "The Unholy", è probabilmente il punto debole del disco, ma è comunque una traccia di tutto rispetto, di una potenza rara che sfocia nel thrash metal più rabbioso. La successiva "Mentally Yours" parte con un bellissimo prologo piano e voce di Jon e poi spiazza l'ascoltatore quando parte il riff martellante di Criss. Ne viene fuori una canzone cadenzata, dove Jon dà il meglio di sè per sembrare un pazzo squilibrato alle prese con un microfono. Ultima, ma non per bellezza, è "Summer's Rain", un altro pezzo strappalacrime che si candida come uno dei più belli del disco. Il giro di chitarra del ritornello è commovente, la voce di Jon struggente. L'ennesima, formidabile ballad sfornata da questo gruppo, degna chiusura di un album epocale.
Da qui in poi i fratelli Oliva saranno ancora insieme per sfornare solo altri due album, due ulteriori pietre miliari: "Streets" del 1991 è l'album più simile a "Gutter Ballet", un concept da brividi partorito dalle menti di Jon e di O'Neill; "Edge Of Thorns", del 1993, è il canto del cigno di Criss, che morirà poco più tardi in un incidente d'auto lasciando un vuoto incolmabile ma regalando la sua migliore performance proprio in questo album. I Savatage hanno poi proseguito il proprio cammino spostandosi sempre più verso il metal sinfonico, mescolando il classico Heavy Metal con la musica dei Queen e diventando un gruppo unico, capace di non deludere mai le aspettative con lavori sempre all'altezza (pur cambiando il cantante, che da "The Edge of Thorns" in poi diventerà il bravo Zachary Stevens, escluso l'ultimo album "Poets & Madmen" in cui rientrerà Jon).
In conclusione non posso che consigliare questo album a chiunque, metallari e non, perchè in questo caso l'opera trascende il genere e va di diritto nell'olimpo dei capolavori.
"Do you hear the hounds, they call/ Scan the dark eyes aglow/ Through the bitter rain and cold/ They hunt you down, hunt you down!"
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