In un periodo di fermentazione sperimentale della musica, ed in particolare del metal, c'è chi ha deciso di tagliare drasticamente la proposta e presentarsi al pubblico con decisione e senza qualsivoglia sorta di tentennamenti. La band texana Scale the summit, ha quindi deciso di elaborare un modo singolare di proporre musica: un heavy/prog metal interamente strumentale, con chitarra, basso e batteria a raccontare ognuno le proprie storie. Ora vi starete chiedendo cosa vuol dire heavy/prog metal. Non vi preoccupate: non suonano come gli Iron Maiden e non smarmellano i testicoli come i Dream Theater. Il sound forgiato dal quartetto statunitense si articola su diverse intonazioni che vanno da sezioni muscolari che hanno il sapore di un moderno thrash a fughe vicine a lidi post rock. Il tutto suonato con attitudine e classe.
Su questo stile si muove "The collective", il terzo album del combo, uscito il mese scorso per l'etichetta Prosthetic Records a due anni di distanza da "Carving desert canyons". Accolto positivamente dalla maggior parte della critica del settore, l'album in questione è sicuramente quello della definitiva maturazione artistica, dove tutte le idee buttate giù con i primi due lavori quì assumono una connotazione e una parvenza stilistica più efficiente e maggiormente delineata. La band sembra aver trovato le giuste coordinate compositive e abbandona in parte il sound corposo di "Carving desert canyons" per riallacciarsi ad un discorso che vira senz'altro verso lidi più soft e dai contorni meno metal e più sperimentali. Rispetto alle partiture rigide dell'album prima citato, in "The collective" sia i due chitarristi Letchford e Levrier che il bassista Eberhardt si concedono divagazioni e fughe solitarie. Rispetto al passato il lavoro diventa meno omogeneo ma più accattivante sotto il profilo stilistico. Ne è la prova la splendida "The levitated" che di metal ha ben poco e dove ci viene mostrata tutte la verve dei tre musicisti prima citati. Nota di merito va al bassista Jordan Eberhardt che contribuisce con il suo strumento a dare maggiore varietà alle composizioni e che dimostra anche un'ottima tecnica.
Ecco quindi che "The collective" diviene un insieme perfetto di partiture complesse e pesanti e di divagazioni simil post rock, ma dove l'impronta di base rimane sempre ben visibile. "Gallows" sottolinea questa commistione e "Black hills" la ribadisce con forza e dolcezza allo stesso tempo.
Alcuni li hanno accostati ai Pelican, altri ai God is an astronaut. Qua e là si sente l'influenza di altre realtà musicali, ma gli Scale the summit hanno dimostrato con "The collective" di possedere un preciso indirizzo e hanno anche saputo variare (almeno in parte) ciò che avevano descritto nei due lavori precedenti.
Non è certo musica assimilabile fin da subito, con sfumature e riff che appaiono nuovi ogni volta che si riascolta il cd. Eppure la forza della band si denota fin dalle prima battute. Insomma, un gruppo tutto da scoprire.
1. "Colossal" (3:48)
2. "Whales" (6:28)
3. "Emersion" (2:33)
4. "The Levitated" (3:02)
5. "Secret Earth" (3:39)
6. "Gallows" (4:33)
7. "Origin Of Species" (2:45)
8. "Alpenglow" (3:57)
9. "Black Hills" (7:59)
10. "Balkan" (3:44)
11. "Drifting Figures" (3:10)
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