L'incantesimo si è dissolto troppo presto. Il progetto di Paolo Benvegnù ed i suoi compagni d'avventura si è concluso dopo solo due dischi all'attivo.
La causa di tale risoluzione sembra sia da imputare alle ripetute tensioni e alle divergenze tra i componenti della band. Ma il verdetto è dipeso fortemente dall'estenuante promozione (fatta da tonnellate di date in ogni dove) riservata, al tempo, a questo magnifico disco.

Per chi gli SCISMA li conosceva non deve esser stato proprio facile ingurgitare il triste annuncio. Ma per gli altri, diciamolo, questo gruppo rischia(va) di rimanere offuscato e sommerso da migliaia d'altre uscite discografiche (alcune peraltro assolutamente prescindibili) e non è bene. Specie per chi, in sole due pubblicazioni dimostra il proprio immenso talento e una singolare originalità nell'amalgamare le più disparate influenze musicali. Nessuna minestra riscaldata, tranquilli.

Questo "Armstrong" è un oscuro tesoro. Non è un disco cui si riservano pochi mesi (o settimane) e poi lo si colloca nelle porzioni più irraggiungibili della propria collezione di dischi. Anzi, al contrario, i suoi contenuti
nel tempo possono solo acquistare, non perdere. Considerando che, a parte le dovute eccezioni, è un'eccezionalità, c'è solo da sentirsi beati.
In quanto ai suoni, le influenze possono rimandare alla scena inglese dei primi '90 (il cosiddetto SHOEGAZING), alla musica d'autore francese in alcuni casi con accenni a momenti di pura poesia orchestrale.

Il disco è estremamente curato in tutte le sue sfaccettature, dalla grafica che lo accompagna alla produzione, fino agli elegantissimi arrangiamenti. Proprio per questa stratificazione di fondo è probabile che le singole composizioni si debba letteralmente viverle. Questi eterei fondali brillano di luce propria ma, nello stesso tempo, l'ascoltatore deve concedere loro molta cura se da questi pretende l'innamoramento.
Così, una volta entrati in confidenza con la sua sostanza e superate le prime eventuali preclusioni, che purtroppo distinguono molti consumatori di musica, diventa tutto più facile e si inizia a percepire l'intero lavoro degli Scisma come un unico ammasso. Ogni canzone è imprescindibile dall'altra... proprio come un puzzle, sì.
Potete partire dalla traccia conclusiva. Vi condurrà in un turbine variopinto di chiaroscuri e mezzetinte il cui gusto è coglierne le sfumature passo per passo.
Non c'è fretta.
La traccia finale si chiama "Good Morning" e poteva sul serio aprire le danze del disco per quanto propone. Ma poi, pensandoci, perché rivelare tutto dal principio?

Non vi resta che spargere la voce, nel caso tutto ciò dovesse mai conquistarvi. È il minimo che si può dare agli SCISMA per tutto l'amore donatoci.

"LAST BUT NOT LEAST": Non è dato sapere se il nome del disco abbia a che fare con l'illustre passeggero sulla luna. Se invece non era quello l'intento, ci sono due ipotesi. O siamo stati tutti raggirati (e lo siamo dal '69) oppure effettivamente abbiamo tutti valicato quell’antico bagliore che si può ammirare eternamente nel cielo da quaggiù.
Ma per qualche stramba ineluttabilità non lo possiamo ricordare.

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